Dragon Quest X: ci sono ancora speranze per un lancio occidentale

dragon quest x cover

Siliconera ha avuto il piacere di intervistare l’executive producer Yuu Miyake e il mobile producer Noriyoshgi Fujimoto di SQUARE ENIX durante il PAX  di Seattle. Le domande vertono principalmente sul possibile arrivo di Dragon Quest X in occidente.

SQUARE ENIX sarebbe interessata a portare il gioco in occidente?

“Ci piacerebbe farlo. Ci piacerebbe davvero. Tuttavia, essendo un MMO, dobbiamo considerare il modo in cui renderlo fruibile, dobbiamo pensarci dal punto di vista del business. Nel caso di FINAL FANTASY XI e XIV si è trattato di un’impresa su larga scala. Dragon Quest è percepito in maniera differente a seconda del paese, molto differente. Il modo in cui viene accolto in Giappone è profondamente diverso dal modo in cui viene accolto negli Stati Uniti. Oltre a questo, dovremmo costruire dei data center per ogni location e dovremmo essere sicuri di avere un ritorno in termini di denaro. Vorremmo essere in grado di operare in diverse regioni, ma dobbiamo ancora una volta fare i conti su cosa potrebbe funzionare al meglio all’estero.”

Dragon Quest X è anche il primo Dragon Quest sviluppato internamente da SQUARE ENIX. In passato ci si è avvalsi della collaborazione di vari studi come ArtePiazza e LEVEL-5, ma la casa del Chocobo ha scelto di sviluppare questo MMO da sola. È stato chiesto a Miyake il motivo di questa scelta.

“In Giappone abbiamo sviluppatori esterni che capiscono cosa sia Dragon Quest e cosa sia più appropriato per una determinata piattaforma, così abbiamo lavorato con partner che sapevano bene cosa fare con il franchise di Dragon Quest, ed è stata un’ottima collaborazione. Con Dragon Quest X, a causa della sua natura di MMO, abbiamo pensato all’esperienza maturata con FINAL FANTASY XI, e perciò abbiamo deciso di affidarlo a sviluppatori interni.”

Fonte: Siliconera

Trent’anni passati a inseguire il sogno giapponese, fra un episodio di Gundam e un match a Street Fighter II. Adora giocare su console e nelle sale giochi di Ikebukuro che ormai, per quanto lontana, considera una seconda casa.