The Promised Neverland 2 – Recensione della seconda stagione

La seconda stagione di The Promised Neverland si è da poco concluso e ha portato con sé numerose critiche. Discutiamo insieme come si è presentata complessivamente.

The Promised Neverland Stagione 2

È stata senza dubbio una delle storie più acclamate degli ultimi anni: The Promised Neverland ha saputo attirare l’attenzione con le sue tematiche crude, ricche di significato in questi anni così duri. Si è da pochi giorni conclusa la seconda stagione dell’anime, visibile in Italia in streaming legale sulla piattaforma VVVVID, che ha suscitato non poche critiche per essersi radicalmente distaccata dalla storia originale, ma soprattutto per via delle sue ellissi così copiose e per la sua velocità diegetica disorientante. Se la prima stagione dell’anime ha saputo catalizzare l’attenzione del pubblico con le sue ambientazioni verdeggianti prima, e con intricati ragionamenti da parte dei bambini di Grace Field per organizzare la loro fuga poi, la seconda stagione non è riuscita nell’intento di voler dare una degna conclusione ad una storia che ha intrigato migliaia di lettori nel mondo. Ovviamente, trattandosi del sequel diretto di una storia già cominciata, al suo interno vi saranno spoiler di trama e si farà riferimento a eventi che diamo per scontato siate a conoscenza.

  • Titolo originale: Yakusoku no Neverland 2
  • Titolo inglese: The Promised Neverland 2
  • Uscita giapponese: 8 gennaio 2021
  • Uscita italiana: 11 gennaio 2021 (VVVVID)
  • Piattaforma: VVVVID
  • Genere: thriller, mistero, soprannaturale, drammatico
  • Numero di episodi: 11
  • Durata: 22 minuti
  • Studio di animazione: CloverWorks
  • Adattato da: manga di Posuka Demizu e Kaiu Shirai
  • Lingua: giapponese (doppiaggio), italiano (sottotitoli)

Abbiamo recensito The Promised Neverland 2 tramite piattaforma streaming VVVVID.

Visioni differenti

Bisogna fare sicuramente delle distinzioni di fondo tra chi ha seguito le vicende raccontate nel manga e chi ha seguito solamente la trasposizione anime. Senza addentrarci troppo nei dettagli tra le differenze sostanziali tra le due storie (perché sì, possiamo parlare di due storie differenti), dal momento che ci sarà un articolo dedicato a questa discussione, possiamo affermare che la percezione che si ha sulla storia cambia radicalmente. Da una parte, infatti, chi ha letto il manga non può che disprezzare a priori i tagli radicali che sono stati fatti alla trama e che, necessariamente, hanno portato a far confluire la struttura diegetica in dinamiche narrative diametralmente opposte. Non a caso sul web sono nate delle petizioni che chiedevano l’eliminazione della seconda stagione di The Promised Neverland, per trasporlo nuovamente in una veste più fedele alla storia originale.

Chi, invece, si è approcciato solamente all’anime nella sua interezza ha sicuramente avuto una visione più oggettiva, ma si possono comunque fare delle constatazioni generali che potrebbero applicarsi ad entrambe le casistiche. Il punto, infatti, non è tanto la percezione differente che le due tipologie di spettatore hanno, ma al contrario quello che si rimanda oggettivamente allo spettatore. E una delle cose che più fanno storcere il naso sono sicuramente le sue ellissi temporali che rendono difficoltosa la comprensione generale della trama. Ma andiamo con ordine.

Un nuovo mix che non funziona

La seconda stagione di The Promised Neverland si differenzia molto dalla prima: i toni sono più crudi, violenti e oscuri, palesandosi fin dalle prime scene per la loro immediatezza nel riversare sullo schermo le condizioni dei piccoli protagonisti, in fuga da Grace Field House. Li avevamo lasciati infatti alle prese con lo spiraglio di libertà che erano riusciti a conquistarsi dopo lunghe fatiche e progetti di fuga elaborati. Emma, Ray e gli altri piccoli orfani sono riusciti a scampare dalle grinfie di mamma Isabella, non senza perdite: Norman era stato inviato alla fine della prima stagione come prodotto di prima qualità.

La serie subisce dei tagli e dei salti che accelerano troppo la narrazione: attenzione, con questi tagli non mi riferisco a quelli che portano alla differenziazione tra manga e anime. I tagli repentini di narrazione si presentano, in questo caso, come inspiegabili per quanto riguarda la ritmica di fondo della continuazione narrativa, presentando dei ripetuti e immotivati salti strutturali che hanno il solo e unico effetto di affrettare in maniera vertiginosa l’azione. E ciò, conseguentemente, non fa altro che creare delle incomprensioni nello spettatore. Il salto temporale che avviene tra l’abbandono della base segreta e la fuga nel tempio della città dei demoni avviene in tempistiche medio-lunghe, sono passati circa un anno e mezzo-due: tale confusione diegetica porta alla sovrapposizione di piani temporali che non riescono ad essere espressi in maniera adeguata, e dunque si presentano in modo confusionario e incomprensibile.

Anche le potenzialità narrative rappresentate dall’intervento di Sonju e Mujika sono limitate, non rappresentando altro che un’ancora, una base di sicurezza per i bambini, sminuendo quello che dovrebbe essere il ruolo della giovane demone: lei è effettivamente la salvezza per la sua razza, permettendo di interrompere la degenerazione dovuta all’astinenza da carne umana grazie al suo sangue maledetto. Anche la sua storia non viene minimamente citata, andando a perdere il ruolo che la sua figura dovrebbe ricoprire e l’importanza che riveste. Dal punto di vista stilistico le grafiche sono buone, i colori sono resi abbastanza bene e rappresentano appieno le atmosfere cupe che caratterizzano questa seconda parte. L’unica pecca visiva risultano essere i demoni animati in CGI, che non riescono ad amalgamarsi bene con il tessuto grafico 2D circostante (peculiarità che caratterizza un po’ tutta l’animazione ibrida nipponica, ma che non sempre è efficace). Ma nel complesso le animazioni riescono a rendere la gravità delle vicende narrate, supportando la storia e quasi risollevando esse stesse le sorti di una storia che registicamente non funziona.

L’ombra dei personaggi

L’ottavo episodio della stagione è forse quello che riesce un po’ a risollevarsi rispetto agli altri, rappresentando i dissidi interiori di Norman e la sua volontà di perseguire i suoi ideali per donare la libertà agli altri bambini bestiame. Ma purtroppo la validità di tale caratterizzazione si limita a questo accenno, dal momento che già nell’episodio successivo assistiamo ad una perdita quasi totale di caratterizzazione di quel personaggio che altro non è che l’ombra debole del Norman cartaceo. L’altro punto, infatti, su cui bisogna soffermarsi è proprio la caratterizzazione dei personaggi: in questa trasposizione sembra che i bambini più piccoli, come Dominic, Theo o Jemima, abbiano ricevuto un’attenzione maggiore rispetto ai protagonisti principali, Emma, Ray e Norman (e Don e Gilda di riflesso). Questi ultimi sono mossi da ideali apparentemente forti, ma non esprimono una forza d’animo adeguata per raggiungerli; sembra piuttosto che i risultati finali che riescono a portare avanti si siano palesati autonomamente, senza l’intervento concreto dei bambini.

Anche l’antagonista principale, James Ratri, non è per nulla un vero cattivo: sembra far finta di essere un sadico macchinatore al servizio dei demoni, quando cade facilmente nelle semplicissime e banalissime trappole dei bambini. Isabella, ora diventata Nonna, non si vede per tutta la serie: dovrebbe essere uno dei personaggi che hanno subito una mutazione maggiore, arrivando a comprendere quale sia la parte del mondo in cui stare, ma ciò non viene per niente mostrato. Riappare in modo sporadico per poi sorprendere con la scelta di opporsi al clan Ratri ma che non viene assolutamente contestualizzata e amalgamata alla struttura diegetica.

Da questo punto di vista anche la spiegazione del suo passato e la storia dell’antico eroe Ratri che si oppose al massacro degli esseri umani stipulando un contratto e ponendo le basi per il meccanismo dei sacrifici umani ai demoni e il conseguente allevamento, viene riassunto in pochi frame e non appieno mostrato nella sua interezza. Le battute finali sono poi ancora più confusionarie: singole inquadrature che si susseguono e che dovrebbero mostrare quello che è successo dopo la liberazione dei bambini di Grace Field nel mondo umano, ma che in realtà non fanno altro che scombussolare e disorientare lo spettatore. Chi, ahimè, non ha letto il manga, sono sicura non sarà riuscito a comprendere del tutto la concatenazione di eventi che non vengono neanche illustrati da un voice-over. Il repentino passaggio da quello che dovrebbe essere  il vero finale alla descrizione dei fatti accaduti nel mondo dei demoni non è contestualizzata, riassunta in pochissime e sbrigative battute che rendono ancora una volta la narrazione troppo rapida, scarna e sintetica. Sembra, quindi, che nell’ultima puntata gli sceneggiatori abbiano voluto soddisfare in minima parte gli spettatori che lamentavano le forti differenze con l’opera originale, introducendo in rapidissimi frame solo alcuni degli avvenimenti salienti della storia originale, ma hanno decisamente ottenuto l’effetto contrario. Un effetto che affossa ancora di più una storia talmente intricata da non poter essere riassunta in undici episodi, una storia che meritava un’attenzione particolare alle sfaccettature della complessa struttura narrativa, ma che l’anime non è riuscito assolutamente a restituire, se non sminuendola in modo vertiginoso.

A chi consigliamo The Promised Neverland 2?

Certamente seguire la seconda stagione di The Promised Neverland è giusto per chi è curioso di scoprire una continuità narrativa che con questi 11 episodi giunge a termine. Chi ha apprezzato la storia raccontata nel manga rimarrà quasi sicuramente deluso per i consistenti tagli che sono stati apportati alla trama e ai personaggi, e dunque non la apprezzerà appieno. Da questo punto di vista, dunque, la seconda stagione di The Promised Neverland appare godibile per chi si è approcciato quasi esclusivamente all’anime, senza quindi lasciarsi appannare la vista dalle differenziazioni strutturali che intercorrono tra le due trasposizioni. Non bisogna però dimenticare che le animazioni e soprattutto le atmosfere e le colorazioni calzanti dell’anime lo rendono appetibile anche per chi si vuole discostare quasi completamente dalla trama e dalla storia reinterpretata.

  • Buone animazioni e grafica nel complesso discreta
  • Bella colonna sonora, opening e ending orecchiabili

  • Narrazione con troppe ellissi temporali
  • Differenze tra anime e manga che squilibrano notevolmente la storia originale
  • I personaggi principali non godono di un’adeguata caratterizzazione
  • Battute finali eccessivamente riassuntive
The Promised Neverland 2
2.5

Un indegno finale

La seconda stagione di The Promised Neverland si presenta sbrigativa da tutti i punti di vista: i tagli di trama hanno portato a un prodotto finito velocizzato, che obiettivamente non si sofferma troppo su come determinati eventi siano stati generati, e ciò rende il tessuto narrativo confusionario. Sembra alla fine che le conseguenze della narrazione che si esplicano poi nel finale di stagione si siano originate quasi da sole, senza il pieno intervento dei protagonisti Emma, Ray e Norman. Protagonisti che non godono di un’adeguata caratterizzazione, e che conseguentemente non permettono di creare un’empatia spettatoriale in grado di renderli vivi e drammatici. La narrazione non subisce, dunque, colpi di scena sostanziali se non verso il finale, ma comunque questi non riescono a creare la suspance adatta a generare aspettative sensazionalistiche nello spettatore, perché l’azione è talmente velocizzata e frammentata che non si riesce a entrare in comunione con le vicende narrate. Nel complesso la stagione finale di The Promised Neverland è troppo frammentata e non adeguatamente approfondita, andando a sminuire una delle più intriganti storie degli ultimi anni.

Una mahō shōjo che vive sommersa tra libri e fumetti, Pokémon e dadi di D&D. Divoratrice compulsiva di film e serie TV, nel tempo libero complotta con il suo gatto per conquistare il mondo. Sogna un giorno remoto di disegnare una storia a fumetti incentrata su una campagna di Dungeons & Dragons.

1 commento

  1. La moda del “riassuntone”, la più grande piaga dell’animazione giapponese degli ultimi 15 anni scarsi (insieme all’immondizia otaku divenuta mainstream e alla CGI, e alle trasposizioni animate tronche che però esistono da più o meno sempre), continua a dilagare. Inoltre c’è un piccolo ritorno del famigerato format da 11 episodi, che negli ultimissimi anni era stato accantonato se non eventualmente su Netflix o per qualche split-cour.
    Per ogni passo avanti se ne fanno tre indietro, come al solito…

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