Lettere a me stessa. Dopo la mia prima volta – Recensione

Recensione di Lettere a me stessa - Dopo la mia prima volta, il secondo manga introspettivo e autobiografico di Kabi Nagata, edito da J-POP

Lettere a me stessa recensione cover

Lettere a me stessa – Dopo la mia prima volta di Kabi Nagata è il secondo volume dedicato al vissuto interiore dell’autrice e alla sua lotta psicologica contro la depressione. Come il primo volume, La mia prima volta (che noi abbiamo recensito qui), anche questo si presenta come una raccolta di episodi della vita dell’autrice caratterizzata da una voglia di rivalsa e dalla manifestazione nella vita di tutti i giorni dei suoi dissidi interiori. Dopo aver affrontato il suo disturbo psicosomatico e aver interiorizzato una parte degli aspetti problematici legati alla sua depressione, Kabi Nagata ritorna a parlare in Lettere a me stessa della sua vita. L’autrice sembra essere consapevole delle problematiche che la affliggono, caratterizzate da occasioni mancate e da difficoltà relazionali e sociali. Il ricorrere ad agenzie di escort per “sperimentare” esperienze e sensazioni altrimenti non possibili denota un attaccamento morboso a una dimensione idealizzata di rapporti sociali e relazioni mitizzate che nella vita reale Kabi non riesce ad affrontare.

Lettere a me stessa. Dopo la mia prima volta

In questo volume, che vuole essere un’eredità spirituale dell’autrice per i lettori si può, come detto prima, notare la voglia di rivalsa della protagonista e il suo desiderio di oltrepassare una situazione stagnante e in cui lei stessa capisce di non poter continuare a stazionare. La forza di volontà le permette di recarsi da un analista, di fare nuove amicizie, di riallacciare i rapporti con i familiari. La vita da autonoma inizialmente sembra idilliaca: una nuova casa molto spaziosa, ottenuta grazie al successo commerciale dei suoi manga, ma che diventa fin da subito una trappola di isolamento in cui Kabi non riesce più a stare.

Torna così a vivere con i genitori, e ciò le permette di fare i conti con uno degli ostacoli più insormontabili della sua condizione patologica: il rapporto con i parenti, che si è fin da subito manifestato come una delle principali motivazioni che l’hanno trascinata verso la depressione. Riuscire ad interiorizzare tale problema è la chiave per affrontare il disagio psicologico, riuscendo a comprendere l’origine di tale dissidio interiore, ragionando lucidamente sulle colpe di entrambe le parti. Il rapporto con la madre è sicuramente lo scoglio che l’autrice deve affrontare: molti psicologi individuano molto spesso conflitti interiori legati proprio a una problematica legata al rapporto che si ha con la figura materna, sia di tipo simbiotico che di tipo conflittuale. Ciò denota una lucida consapevolezza da parte di Kabi Nagata nel comprendere come parte dei suoi disturbi interiori siano legati a un attaccamento morboso non ricambiato nei confronti della madre. Ecco che, una volta compresa la natura del disagio, si è in grado di interiorizzarlo e combatterlo, manifestando un sano affetto per la figura genitoriale.

La vita da mangaka della protagonista le ha procurato un notevole aiuto, economico in primis, ma soprattutto morale: un lavoro soddisfacente, creativo, capace di metterla in relazione con il pubblico e di permetterle di esteriorizzare il suo dissidio interiore conduce l’autrice verso una dimensione pacata e piacevole. Sebbene i genitori continuino a volere per lei un futuro sicuro, spingendola a trovare un lavoro fisso full time, Kabi non si arrende e riesce a comprendere appieno che la soddisfazione e l’autogratificazione sono molto più importanti di una garanzia salariale e contrattuale.

Lettere a me stessa. Dopo la mia prima volta

I disegni di questo corposo volume sono, ancora una volta, in linea con la materia narrata: il tratto di Kabi Nagata è semplice e fluido, ma si nota come sia influenzato dagli stati d’animo e dai suoi racconti. Vi sono, infatti, episodi che denotano semplicità e addirittura titubanza a livello grafico, manifestando ulteriormente la difficoltà dell’autrice di affrontare certe tematiche o lo sforzo di raccontare nonostante i periodi di malessere e disagio. Onnipresente il colore rosa, che mescolandosi con il tratto minimale dell’autrice conferisce tridimensionalità e pienezza. Il tratto caricaturale denota, inoltre, la volontà di Kabi Nagata di celare la sua identità e preservare così la sua privacy. L’edizione con sovraccoperta in un volume unico di 344 pagine (e in formato 15×21) di Lettere a me stessa e la cura dell’impaginazione e della qualità di stampa dello stesso ne giustificano appieno il prezzo di 16 euro, considerando per l’appunto che qui in Italia J-POP ha preferito racchiudere tutti i capitoli originali in un unico volume.

Lettere a me stessa. Dopo la mia prima volta

Un crudo scorcio sulla depressione

Lettere a me stessa. Dopo la mia prima volta

Lettere a me stessa si conferma, ancora una volta, un’opera di delicato spessore psicologico, in cui accompagniamo l’autrice nella scoperta di se stessa, delle sue problematiche e della sua personalità. La crudezza delle espressioni e delle tematiche trattate caratterizzano questo volume di autoanalisi, permettendo anche ai lettori di ragionare lucidamente sul proprio vissuto e su aspetti della propria vita che possono affliggere molti. Una lettura fondamentale, riflessiva e al contempo realistica che ci mette in comunicazione diretta con Kabi Nagata perché condividiamo con lei dolori, sensazioni ed emozioni. Un viaggio nella vita dell’autrice che diventa anche per noi motivo di scoperta e analisi interiore.

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Per chi non ha paura di affrontare sé stesso

Una mahō shōjo che vive sommersa tra libri e fumetti, Pokémon e dadi di D&D. Divoratrice compulsiva di film e serie TV, nel tempo libero complotta con il suo gatto per conquistare il mondo. Sogna un giorno remoto di disegnare una storia a fumetti incentrata su una campagna di Dungeons & Dragons.

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