HIGH SCORE – Recensione della serie documentario su Netflix

High Score è la nuova docuserie targata Netflix incentrata sulla storia della nostra passione preferita, i videogiochi. Ecco la recensione della prima stagione

HIGH SCORE - Recensione della serie documentario su Netflix

Nel nuovo millennio, quella videoludica è diventata una delle industrie più redditizie a livello mondiale, capace di smuovere ogni anno miliardi di dollari e ormai uscita dalla sua condizione di prodotto di nicchia a cui è stata associata sin dalle sue origini. Ma prima dei free-to-play, dei giochi mobile, delle orde di giovanissimi impegnati a sfidarsi su Fortnite, e prima ancora dell’arrivo del 3D e dell’ascesa delle console casalinghe, la situazione era molto diversa. In particolare, c’erano solo le idee di un ristretto gruppo di visionari che, spesso in maniera inconsapevole, hanno plasmato l’evoluzione del medium interattivo. Menti brillanti che hanno posto le basi per il moderno concetto di videogioco, in un periodo in cui quest’ultimo era un hobby lontano dal mainstream e ancora malvisto da molte persone.

High Score, la nuova miniserie documentario disponibile su Netflix, ci racconta proprio questo. La storia e le origini della nostra passione preferita attraverso le testimonianze e le esperienze delle persone che hanno lasciato un’impronta indelebile in questo settore, molte delle quali adesso non lavorano più nell’industria. Ecco la nostra recensione di un’opera sorprendente giunta abbastanza in sordina sulla piattaforma di streaming più famosa al mondo.

HIGH SCORE

High Score, una produzione originale Netflix, è una miniserie di 6 episodi lunghi dai 37 ai 50 minuti, disponibile sulla piattaforma a partire dal 19 agosto 2020. Ideata da France Costrel e narrata in lingua originale da Charles Martinet – il mitico doppiatore di Mario e di molti altri personaggi NintendoHigh Score racconta con uno stile pop e un taglio generalista, rivolto principalmente al grande pubblico, l’evoluzione e i mutamenti del mondo dei videogiochi nell’arco temporale compreso tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’90. Lo fa attraverso una serie di interviste e spezzoni audiovisivi dell’epoca che coinvolgono alcune delle figure di spicco della rivoluzione videoludica in atto in quegli anni.

Le puntate di High Score, la cui visione scorre in modo piacevole e mai noioso grazie alla vivacità di regia e montaggio, non si focalizzano solo sui cabinati arcade e le sale giochi – come il titolo potrebbe far supporre – bensì coprono un ampio spettro di argomenti che permette di delineare chiaramente lo stato della cultura videoludica in quegli anni. E ce n’è per tutti i gusti. Giusto per darvi qualche piccola anticipazione: l’ascesa del mondo arcade; la crisi dell’industria dei videogiochi nel 1983, con un focus sul terribile E.T.; la nascita dei giochi di avventura e degli RPG; la rivalità fra Sega e Nintendo; i primi esempi di gaming competitivo; la transizione dal 2D al 3D. La presenza del Giappone è molto forte come potete intuire, dopotutto stiamo parlando di un paese che in quegli anni rappresentava (e rappresenta tuttora) un calderone di innovazione e creatività, perciò i lettori di Akiba Gamers non resteranno delusi.

HIGH SCORE

Il vero punto di forza della serie è rappresentato dalle interviste ai numerosi protagonisti di questo capitolo importante del moderno intrattenimento, le menti brillanti citate in precedenza che hanno fatto (nel bene e nel male) la storia del medium e a cui dobbiamo molte cose che oggi diamo per scontate, ma che all’epoca rappresentavano innovazioni di grande portata. Da Tomohiro Nishikado e Toru Iwatani, creatori rispettivamente dei pilastri Space Invaders e Pac-Man, a John Romero, l’uomo che ha inventato gli FPS con Wolfenstein 3D e Doom, passando per Richard Garriott, ideatore della fondamentale serie ruolistica Ultima, High Score delizia lo spettatore appassionato e istruisce il neofita mettendo a nudo le idee e le esperienze di figure emblematiche, veri e propri creatori di mondi e personaggi. Ci riesce grazie a un racconto che passa con fluidità dal serio al divertente, diventando quasi toccante in alcuni momenti.

Se fino a questo momento ho messo in luce solo gli aspetti positivi della produzione, che le permettono di collocarsi ben al di sopra della sufficienza, purtroppo è arrivato il momento di parlarvi dei difetti che impediscono a High Score di essere davvero memorabile, e che spero vengano sistemati in un’eventuale seconda stagione (non ancora annunciata).

Il primo è legato alla sua estrema essenzialità. Come già detto il documentario è rivolto al grande pubblico e, complice la breve durata, non scende mai troppo nel dettaglio, il che non rappresenta un grosso problema visto che la serie riesce a coinvolgere e a fornire allo spettatore tutte le informazioni che servono per comprendere l’importanza di ciò che viene mostrato. Ma vedere un caposaldo del gaming nipponico quale FINAL FANTASY, per citare il primo esempio che mi viene in mente, raccontato in pochi minuti nell’episodio dedicato ai giochi di ruolo, con il solo Yoshitaka Amano coinvolto nell’intervista, lascia un po’ l’amaro in bocca.

HIGH SCORE

Oltre a questo, mi ha sorpreso (in negativo) l’assenza di alcuni videogiochi importantissimi come l’indimenticabile Tetris, a malapena menzionato, così come quella di alcuni personaggi legati direttamente agli argomenti affrontati. Emblematico a tal proposito il quinto episodio incentrato sui giochi di combattimento quando, arrivato il momento di parlare di Mortal Kombat, ci viene presentato solo John Tobias, uno dei due creatori della saga, mentre Ed Boon – che ha svolto un ruolo di pari livello – compare solo per pochi secondi. Tutto questo mi ha dato l’impressione che i produttori e lo staff di High Score si siano dovuti in qualche modo accontentare delle persone disponibili al momento della realizzazione del documentario, e che abbiano dovuto modificare in corsa uno script che originariamente prevedeva molti più contenuti.

HIGH SCORE

Mentirei comunque se vi dicessi che questi problemi inficiano la qualità della serie. Complice anche il mio inevitabile interesse nei confronti del tema trattato – altrimenti non mi ritroverei a scrivere su queste pagine – le sei puntate di High Score sono letteralmente volate e al termine della visione mi sono sentito più colto videoludicamente, poiché molte delle cose mostrate mi erano del tutto sconosciute. Semplicemente, High Score poteva essere un prodotto ancora migliore, ma almeno stavolta non bisogna essere troppo severi.

Le origini della nostra passione

HIGH SCORE

High Score è una serie documentario imperdibile per qualsiasi appassionato di videogiochi, in particolare per coloro che si sono approcciati a questo hobby solo di recente e vogliono scoprire le origini di un medium che, da nicchia per pochi addetti ai lavori, è diventato una delle industrie più redditizie dell’epoca moderna. Origini che, come accade quasi sempre, sono legate ai sogni e alle geniali idee di pochi visionari che hanno gettato le basi per lo sviluppo e la diffusione del mercato videoludico, e che qui si possono ammirare mentre raccontano allo spettatore come ciò è avvenuto. Purtroppo High Score risulta la “versione base” di un pacchetto che avrebbe meritato un trattamento premium, e che invece viene penalizzato da una narrazione un po’ discontinua, da alcune assenze celebri e da un’esposizione che, nel suo essere rivolta a un pubblico generalista e non di soli appassionati, scalfisce a malapena la superficie degli argomenti trattati.

Nella speranza di una futura seconda stagione che prosegua la storia del nostro passatempo preferito, non posso fare a meno di raccomandarvi assolutamente la visione di High Score. Ma sappiate che con tutta probabilità, una volta finita, avrete voglia di approfondire altrove.

Imperdibile, ma non impeccabile

Figura mitologica, ossessionata da tutto ciò che proviene dal Giappone, che ama districarsi abilmente fra mille impegni e buoni propositi che non realizzerà mai. Quando non impugna un controller, si diletta a guardare anime e leggere manga di dubbio gusto. Tendenzialmente ti vuole bene, soprattutto se gli parli delle serie Trails, Ys e Utawarerumono.

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