Boys Run the Riot – Recensione del primo volume

Abbiamo recensito il primo volume di Boys Run the Riot, manga a tema LGBTQ+ edito in Italia da Star Comics e disponibile in quattro volumi

Boys Run the Riot - Recensione del primo volume

Attraverso l’arte esprimiamo noi stessi. In fondo è sempre stato così, dalle grotte di Lascaux ai girasoli di Van Gogh, tutti noi sentiamo l’innato bisogno di indagarci e conoscerci, di capire chi e cosa siamo, trovare il nostro posto nel mondo. Boys Run the Riot, seinen d’esordio di Keito Gaku, nasce probabilmente da questo sentimento, per poi espandersi, comunicare dall’io dell’autore, del protagonista, al cuore del prossimo, degli altri personaggi e del lettore stesso. L’intimo messaggio di quest’opera è dunque caldo e rassicurante: non provare vergogna per come sei, per ciò che fai o come lo fai. Citando le parole scelte dal protagonista Ryo Watari, “No shame in my game”.

Mettersi la divisa scolastica, parlare di ragazzi, frequentare le proprie amiche; sembrerebbero essere semplici azioni della vita quotidiana di una liceale, eppure per Ryo tutto questo significa sofferenza. Il destino sembra avergli giocato un brutto scherzo, perché Ryo si sente in tutto e per tutto un ragazzo, ma vive imprigionato nel corpo di una ragazza. Quando ne ha l’occasione, veste dunque abiti maschili, così da sentirsi a proprio agio e vivere alcuni, per quanto effimeri, momenti di spensieratezza. A scuotere questa infelice routine ci penserà l’arrivo di un nuovo compagno, Jin Sato, un ragazzo ripetente il secondo anno e che sembra agli occhi di tutti pericoloso. Un pomeriggio, mentre Ryo sta guardando alcuni vestiti, si accorge che quel ragazzo, Jin, vuole comprare proprio quello stesso capo d’abbigliamento. Riconosciuto il compagno, Ryo scappa sbigottito, ma l’incontro a scuola del giorno seguente non è affatto come si sarebbe immaginato. Jin propone infatti al protagonista di creare insieme un nuovo brand, un marchio innovativo, attraverso il quale chiunque potrà esprimere se stesso.

  • Titolo originale: Boys Run the Riot
  • Titolo italiano: Boys Run the Riot
  • Uscita giapponese: 2020
  • Uscita italiana: 15 giugno 2022
  • Numero di volumi: 4
  • Casa editrice: Star Comics
  • Genere: psicologico, slice of life, manga di formazione
  • Disegni: Keito Gaku
  • Storia: Keito Gaku
  • Formato: 15 x 21, colori, b/n, sovraccoperta
  • Numero di pagine: 224

Abbiamo recensito Boys Run the Riot tramite volume stampa fornitoci da Star Comics.

Così diversi, così uguali

Fin dalle primissime tavole Boys Run the Riot esplicita l’identità sessuale del protagonista. Sarebbe però un errore fatale pensare che la caratterizzazione di Ryo sia esclusivamente incentrata su tale elemento, centrale ma per nulla esclusivo. Ryo è infatti un adolescente, un giovane che sta attraversando un momento delicatissimo della propria vita, all’interno del quale si trova a doversi relazionare con gli altri e a ritagliarsi il proprio spazio nella società. Ad emergere con foga dalla sua interiorità è quindi l’insicurezza, forse anche la paura, generata da un mondo che gli è in parte ostile.

L’ingresso in scena di Jin, comprimario sicuro di sé ed estroverso, diametralmente opposto a Ryo per molti aspetti caratteriali, scuote nel profondo l’animo del protagonista. Entrambi infatti sono vittime di pregiudizi e stereotipi, entrambi strani, diversi, l’uno all’apparenza minaccioso, l’altro transgender. La diversità è allora il fil rouge della loro relazione, ma anche un tratto che caratterizzerà altri personaggi, sebbene declinato in altre forme, come nel caso del presidente del club di fotografia, nonché unico membro, Itsuka.

Il potere delle parole e delle immagini

Il ritmo dettato da Keito Gaku è calmo e pacato; sin dai primi capitoli capiamo di essere davanti ad uno slice of life atipico, legato in parte all’ambientazione scolastica, in parte ad una profonda caratterizzazione psicologica che mira a presentare personaggi umani, vivi. L’assenza pressoché totale di azione, evidenziata anche dall’abbondanza di vignette statiche e da una sceneggiatura molto lineare, non preclude però al manga di raccontare quella che è chiaramente una storia di formazione. Non vi sono però mentori e allievi: ciascuno impara dagli amici e dai propri errori, il dialogo è arricchente per tutti i personaggi coinvolti, così come per i lettori e per il mangaka stesso.

Pilastro portante dell’avventura di Ryo e Jin è senza alcun dubbio il ruolo attribuito alla moda. Del resto il modo in cui ci vestiamo determina ed esplica una parte non trascurabile della nostra personalità. Nel corso della vicenda le parole e le immagini acquisiscono un potere crescente, perfettamente incarnato dai graffiti, cuore pulsante dell’idea di riot”, di rivolta, ribellione, sia essa interiore o esteriore, personale o sociale. Boys Run the Riot è quindi il marchio innovativo che abbatterà gli stereotipi, o che almeno si pone tale obiettivo, ma è anche e soprattutto un legame di unione e di fratellanza, frutto del desiderio di accettazione e rivalsa sociale dei diversi.

Scolastico ed efficace

Tecnicamente lo stile di Boys Run the Riot non brilla per originalità, mostrando alcuni limiti probabilmente dati dalla poca esperienza dell’autore. Il tratto di Gaku, fatto di linee definite e semplicità, seppur personale, non mira a stupire il lettore, quanto più a fornire al lettore un’esperienza chiara e comprensibile. Anche la sceneggiatura e la regia del manga vanno in questa stessa direzione: ogni vignetta rispetta i propri spazi, la divisione della tavola è netta, l’andamento complessivo è lineare, quasi scolastico. Perfettamente calzanti al contesto appaiono i dialoghi, nei quali viene utilizzato senza remore un linguaggio giovanile, adatto al contesto, anche se pare ingiustificata la scelta di censurare volontariamente alcuni insulti pronunciati dal protagonista, sacrificando così il senso di immersività nella scena in questione.

Ryo è transgender e si sente profondamente a disagio con il suo corpo di donna. Non riesce a parlare apertamente con nessuno di ciò che prova e riesce a trovare un po’ di pace solo vestendo degli abiti maschili. Le cose cambiano dopo l’incontro con Jin, uno studente che si trasferisce nella sua stessa scuola. Totalmente diversi, ma accomunati dalla stessa passione per la moda, Ryo e Jin decidono di creare insieme un marchio di abbigliamento per aiutare tutti a sentirsi a proprio agio. È tempo di dare voce al proprio cuore e di dare forma ai propri sogni: BOYS RUN THE RIOT! In allegato un box esclusivo per raccogliere tutta la serie, composta da 4 volumi.

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Pubblicato tra il gennaio e l’ agosto 2020 da Kodansha sul settimanale a tema seinen Weekly Young Magazine, Boys Run the Riot giunge in Italia grazie all’editore Star Comics. L’edizione regular vanta una qualità non indifferente, la quale giustifica anche il prezzo leggermente più alto di un normale volumetto tankobon. Il formato A5 consente di godere appieno delle illustrazioni, permettendo anche al lettore di sfogliare le pagine senza il timore di rovinarle. Da segnalare inoltre la presenza di diverse immagini di copertina, che varia dunque nella sovraccoperta. La copertina ufficiale giapponese, diversa da quella per tutte le edizioni estere, è stata proposta come primissima pagina su un totale di quattro a colori. Gli appassionati avranno anche modo di raccogliere i quattro volumi della miniserie in un elegante e robustissimo box, distribuito con una speciale Limited Edition del primo volume (in tutto e per tutto uguale all’edizione regular se non per la scritta “Limited Edition”). Dulcis in fundo, al termine del tankobon è possibile leggere l’intervista rilasciata dall’autore in occasione della prima pubblicazione estera. Una scelta assai gradita, che offre la possibilità di comprendere meglio l’origine di questo manga a tema LGBTQ+. Caldamente consigliato agli amanti del genere e a chiunque sia interessato al tema dell’identità sessuale; gli spunti di riflessione al termine della lettura certo non mancheranno.

L’arte di essere se stessi

Boys Run the Riot fa il suo esordio nel Bel Paese come una miniserie interessante e alternativa. La tematica dell’identità sessuale viene resa un elemento significativo della storia, ma non diviene il fulcro della narrazione. Ad essere messi in mostra sono così i problemi dei diversi, degli emarginati. Il tratto e la composizione di Keito Gaku sono semplici e poco elaborati, certamente non molto originali, ma consentono una lettura chiara e scorrevole. Se siete interessati al mondo LGBTQ+, cercate una storia semplice e intrattenente e, perché no, strizzate anche un occhio alla moda, Boys Run the Riot non potrà che prendere felicemente posto nella vostra libreria. Un manga calmo e riflessivo, che strapperà diversi sorrisi agli animi più sensibili.

Un’opera d’esordio semplicemente diversa

Solca i mari sul suo vascello verso lidi inesplorati, mirando sonnecchiante il cielo dalla mattina alla sera. È abbastanza socievole, ma qualsiasi cosa gli si chieda risponderà citando L’Attacco dei Giganti. Pare abbia sviluppato una forma di dipendenza da latte e biscotti.

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