PENGUIN HIGHWAY – Recensione

20 e 21 novembre approda finalmente nei cinema italiani a cavallo di una colonia di pinguini l’ultima fatica dello Studio Colorido: PENGUIN HIGHWAY

PENGUIN HIGHWAY – Recensione

Continua la stagione invernale targata Dynit in collaborazione con Nexo Digital, che passa dal problematico rapporto tra fratello e sorella a cavallo del tempo di Mirai no Mirai, a un’invasione di massa di pinguini: PENGUIN HIGHWAY, al cinema il 20 e 21 novembre 2018.

Tratto dall’omonimo romanzo di Tomihiko Morimi vincitore del Japan SF Grand Prize, famoso per la sua opera più celebre Yojōhan Shinwa Taikei (The Tatami Galaxy) nonché per l’apprezzato Uchoten Kazoku (The Eccentric Family), PENGUIN HIGHWAY gode della direzione di Hiroyasu Ishida (Hinata no Aoshigure, Fumiko no Kokuhaku): faremo dunque la conoscenza del giovane Aoyama, un serissimo e diligentissimo studente di dieci anni, che si approccia al mondo che lo circonda attraverso il metodo scientifico ereditato dal padre. Un’introduzione che sarà pressoché istantanea poiché la pellicola stessa si apre col nostro protagonista che prende minuziosamente appunti riguardo esperimenti, esplorazioni e constatazioni di svariato genere sul suo quaderno. La trama di per sé ruota attorno l’apparizione di una moltitudine di pinguini, fatto particolarmente strano, essendo il paese di Aoyama l’esatto opposto dell’habitat naturale di questi animali. Ma, così come sono arrivati, scompariranno: perciò sarà la sua missione approfondire, svelare e definire il mistero che avvolge comparse, e relative scomparse, tanto casuali nella sua piccola cittadina.

L’introduzione slice-of-life che caratterizza PENGUIN HIGHWAY va poi aprendosi con estrema calma, visto e considerato che si prende tutto il tempo di cui la pellicola è capace. Vengono introdotte le ambientazioni, scenari in cui la trama si svilupperà delineando snodi narrativi sequenzialmente disposti per ogni scenario. Per esempio, la scrivania del giovane Aoyama è un punto fermo cui il nostro protagonista collegherà informazioni, la caffetteria un porto sicuro in cui far viaggiare i pensieri mentre banalmente, la scuola collegherà da prima un segmento riempitivo per poi fungere da luogo chiave per la dissoluzione del mistero. D’altro canto si aggiungeranno più personaggi al complessivo cast del film, seguendo i canoni classici dell’impostazione scolastica perno di – pressoché – tutti i prodotti dell’intrattenimento a base realistica: l’amico e spalla imbranata del nostro protagonista Uchida, il bulletto della classe con tanto di duo tirapiedi Suzuki e infine, la brillante compagna di classe al pari se non migliore del protagonista, Hamamoto.

PENGUIN HIGHWAY, recensione del film d’animazione di Studio Colorido

Aoyama inoltre, ha un intenso interesse nei confronti dei seni dell’impiegata dello studio dentistico che frequenta, che però non si ferma soltanto alla superficiale procacità: non verremo mai a sapere il suo vero nome, soltanto che il giovane protagonista si rivolge a lei con l’epiteto di Sorellona: è l’interesse amoroso definitivo del protagonista nonché suo insegnante di scacchi con cui ha un buon rapporto. Lei inoltre sembrerebbe esser la causa scatenante dell’apparizione dei pinguini, mentre nel frattempo, all’interno della foresta limitrofa al paese, appare una bizzarra sfera d’acqua. Ogni indizio sembrerebbe tracciare una linea che unisce la Sorellona, i pinguini e “Mare”, così ribattezzata dai giovani esploratori una volta trovata: grazie all’aiuto di Hamamoto, Aoyama, oltre a portare avanti le ricerche sul misterioso Mare, potrà sviluppare una concezione diversa del mondo che lo circonda. PENGUIN HIGHWAY crea questo percorso evolutivo per i propri protagonisti, quasi metaforicamente al passo con la reale marcia dei pinguini, che grazie alle avversità e dilemmi incontrati nel loro percorso, potranno maturare sia per l’approccio alla realtà che come persone.

Su un piano registico PENGUIN HIGHWAY è un vero e proprio gioiello visivo, che spazia tra tripudi di sgargianti scenografie a inquadrature che non appesantiscono mai l’occhio dello spettatore; la scena non è mai né troppo satura, né eccessivamente spoglia anzi, adagia dolcemente elementi sullo schermo che dipendentemente dal contesto, sottolineeranno l’effettiva atmosfera della sequenza in atto. L’unico neo effettivo della lavorazione visiva si potrebbe trovare in certi usi della CGI: alcune inquadrature della città risultavano quasi come dei modellini giocattolo che, per quanto fossero contestualmente appropriati, stonano con alcuni elementi nel dinamismo della composizione. D’altra parte lo Studio Colorido ha davvero fatto un lavoro coi fiocchi che con la propria personalità ha dato lustro alla sceneggiatura di Makoto Ueda, che collaborò già con Morimi nella stesura delle precedenti opere dello scrittore in trasposizione ad anime: ciliegina sulla torta una sequenza curata da Oshiyama Kiyotaka, famoso per aver curato l’animazione in film Ghibli quali Si Alza il Vento e Arietty – Il mondo segreto sotto il Pavimento, oltre a esser stato character designer di DEVILMAN Crybaby, donando così ulteriore lustro a quello che già di per sé è un’opera dalla vivacità visiva davvero ammaliante.

PENGUIN HIGHWAY, recensione del film d’animazione di Studio Colorido

Lo Studio Colorido ha mostrato di aver le carte in tavola per essere un vero e proprio gioiello dalle potenzialità enormi, capace di mettersi in gioco e creare lungometraggi di ottima fattura oltre ai cortometraggi che precedentemente curò, come per esempio Hinata no Aoshigure e Taifuu no Noruda. Immancabile poi un encomio a Eriko Kimura direttrice del sonoro, già conosciuta per aver collaborato al fianco di Kiyotaka nelle sopracitate opere, che in PENGUIN HIGHWAY da lustro alla pellicola: spazia da temi molto spensierati in tema con l’atmosfera del film, al costruire un intenso crescendo nei segmenti più drammatici; gli appassionati inoltre, sapranno già del brano di chiusura “Good Night” della celeberrima artista Utada Hikaru, un gradevolissimo tocco di classe per accompagnare i titoli di coda al termine della visione (oltre che i trailer di lancio).

Per quanto i pinguini siano adorabili a vedersi, il tema fantascientifico misto al sovrannaturale può spiazzare in un primo momento: PENGUIN HIGHWAY è quel tipo di pellicola che fa finta che lo spettatore abbia già idea dei canoni della storia, senza necessariamente spiegare passo passo quello che sta accadendo. Si ha il punto di vista del protagonista con amici al seguito, che contrasta l’approccio accademico rispetto al mondo adulto; lo sviluppo meccanico che unisce i due mondi nel climax della storia lascia peraltro delle trame cui il film non presenta particolare intenzione di dipanare, quanto più l’intenzione di farsi prendere dallo spettatore al pari di un pinguino e vedersi osservato confuso.

PENGUIN HIGHWAY, recensione del film d’animazione di Studio Colorido

A onor del vero questo racconto assume molto più fascino in questo modo, come se si trattasse di un segmento estratto da una linea narrativa molto più ampia, conscio del fatto che la libera interpretazione è un fattore chiave della pellicola nella sua interezza. La veste colorata e lo stile dolce potrebbe infatti far pensare che si tratti dell’immancabile cartone animato per famiglie, un film da veder tanto per impiegare il tempo ma non è così: PENGUIN HIGHWAY è una pellicola che fa riflettere per come utilizzi uno stile narrativo volutamente diroccato, che punta alla ricerca del render partecipe il proprio spettatore con la sua interpretazione. È molto interessante vedere l’evoluzione che ha intrapreso l’animazione nipponica, soprattutto quando sono degli studi non di fama mondiale affermatissima come GhibliMadHouse a provarci.

Da non lanciare da un dirupo innevato per una Stella

Un’altra ottima occasione per supportare l’investimento sui lungometraggi animati nipponici nelle nostre sale cinema che magari, vedendo l’interesse del pubblico, smetteranno di programmare i proverbiali due giorni in mezzo alla settimana… ma questo è un altro discorso. PENGUIN HIGHWAY era un film che aspettavo moltissimo, genuinamente incuriosito dalla mente di Tomihiko Morimi trasposta in animazione. Di per sé non avevo vere e proprie aspettative nei confronti del lungometraggio vero e proprio, per questa ragione mi sento di dire a chiunque abbia provato un sentore di curiosità di non guardare trailer che vadano oltre i dieci secondi e di andare al cinema il più vergini possibile. Ho trovato davvero azzeccata la scelta del cast del doppiaggio, per quanto l’adattamento incespichi ancora un pochino. In definitiva, un’esperienza fortemente raccomandata a chiunque sia appassionato di animazione giapponese e/o semplicemente estimatore di pinguini e fantascienza.

Caldamente consigliato

Maestro di Karate e Amicizia: temprato dall’intrattenimento nipponico vecchia scuola e dal collezionismo, il suo sogno è quello di avere in giardino lo Unicorn Gundam di Odaiba.

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