Big X – Recensione del primo volume

Recensione di Big X, serie shonen realizzata da Osamu Tezuka dal 1963 al 1966, e pubblicata in Italia da J-POP per la Osamushi Collection

Big X – Recensione del primo volume

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i nazisti “originali” o gruppi neonazisti più o meno futuristici sono stati spesso scelti come antagonisti in opere di finzione, e anche nell’intrattenimento e nella narrativa giapponese questa tradizione si è consolidata. Abbiamo diversi esempi celebri, sia nell’animazione, come in Black Lagoon, sia in manga come Le Bizarre Avventure di JoJo: Battle Tendency e Neun. Osamu Tezuka è proprio uno degli autori che inserisce spesso riferimenti molto diretti al nazismo, in opere come I Tre Adolf, Osaka 1945, e anche il manga di cui andremo a parlare oggi, ovvero Big X, serie shonen pubblicata dal 1963 e il 1966. Come sempre, Big X è una delle ultime entrate nella collana Osamushi Collection di JPOP.

Big X

  • Titolo originale: ビッグ X – Biggu X
  • Titolo italiano: Big X
  • Uscita giapponese: 1963
  • Uscita italiana: 20 ottobre 2021
  • Numero di volumi: 2 (completa)
  • Casa editrice: J-POP Manga
  • Genere: shonen, azione
  • Disegni: Osamu Tezuka
  • Storia: Osamu Tezuka
  • Formato: 15×21, brossurato con sovraccoperta, b/n
  • Numero di pagine: 444

Abbiamo recensito Big X tramite volume stampa fornitoci da J-POP Manga.

Prima degli X-Men

La narrazione si apre con il brillante scienziato Dott. Asagumo, che in un Giappone alleato della Germania nella Seconda Guerra Mondiale viene invitato da Adolf Hitler stesso a lavorare a un progetto super segreto insieme al Dottor Engel, il Big X: un’arma finale, una sostanza che dovrebbe essere in grado di creare dei super soldati con cui la Germania nazista possa conquistare il mondo intero. Tezuka non cambia tuttavia gli esiti del conflitto: il Dott. Asagumo, realizzando il potere distruttivo di quest’arma, cerca di temporeggiare e nasconderla agli occhi dei nazisti che, senza il Big X, perderanno la guerra portando alle conseguenze che tutti noi sappiamo. E tuttavia, il progetto completato non è andato perduto: Asagumo lo affiderà al figlio Shigeru e poi al nipote, Akira, che dovranno proteggerlo dalla Lega Nazista, una sorta di organizzazione paramilitare diffusasi in tutto il mondo e nata dalle ceneri dell’originale partito tedesco, che ancora pianifica di resuscitare il Reich. Questo si esemplifica perfettamente nella figura di Hans Engel, vera e propria nemesi di Akira, in quanto nipote dell’originale Dr. Engel, che incolpa la famiglia del giapponese per la perdita della guerra, e sopratutto della morte di suo nonno.

Il racconto, che oscilla fra semplice narrazione supereroistica per ragazzi e fantascienza a parte l’incipit “serio”, ricalca un po’ i toni classici dei manga dell’epoca e ricorda in certi tratti opere come Astro Boy, con una struttura un po’ ingessata e “figlia del suo tempo”, dove non ci sono grandi stravolgimenti di trama se non l’occasionale tradimento del personaggio secondario di turno: attraverso piani sempre più complessi e assurdi, tirando fuori persino mecha e armi di distruzione di massa, la Lega e Akira combattono su molti fronti ma, alla fine, a vincere è sempre il bene, grazie al potere del Big X usato per scopi buoni invece che malvagi, in scontri che oramai, abituati come siamo a un certo tipo di azione, ci sembrano davvero infantili e quasi buffi.

Una storia avvincente ma lineare

La trama di Big X, delineata nel paragrafo precedente, è davvero semplice e la premessa può far sorridere oggi, ma ai tempi il Giappone aveva perso la Seconda Guerra Mondiale da poco meno di vent’anni, e l’occupazione americana era finita da appena nove anni. Ancora le cicatrici del conflitto erano forti nel popolo nipponico, cosa che vale doppio se si tratta di autori da sempre contrari ai totalitarismi, proprio come Tezuka, che su questo era parecchio avanti. Gli anni ’60 sono stati in qualche modo il periodo in cui Tezuka sembrava essere una divinità, capace di sfornare serie dopo serie con una creatività infinita: lo stesso Astro Boy sarebbe andato avanti fino al 1968. Ma siamo ancora in qualche modo agli albori del manga, quando ogni cosa in qualche modo poteva essere una novità e ancora dovevano consolidarsi i topoi del medium cartaceo.

E in qualche modo, Big X sembra prendere a piene mani dal panorama dell’epoca, con scontri incredibilmente avvincenti ed esaltanti (oltre ad alcune scene sicuramente crude), ma anche molto formulaici e scontati, oltre che improbabili, con la Lega Nazista che in questo caso sembra essere praticamente l’entità più forte sulla Terra, in grado di creare robot giganti, addestrare intere guerriglie e continuare a inseguire Akira per tutto il globo terracqueo. Graficamente, anche lo stile di Tezuka è lo stesso a cui siamo abituati, ovvero ancora piuttosto cartoonesco, con linee curve e slanciate e una violenza, seppur reale e in grado di uccidere per davvero i propri personaggi, in qualche modo così estrema da risultare buffa, un po’ come Tom e Jerry che ancora si prendono a mazzate da baseball in testa.

Il Dott. Asagumo viene invitato in Germania per collaborare con il Reich alla ricerca di una nuova arma, il Big X. Preoccupato per i possibili effetti di tale strumento, riesce a tardarne i progressi fino al termine della guerra. Vent’anni dopo, in Giappone, un’organizzazione neonazista recupera tuttavia il progetto del Big X e lo porta a compimento, rivelandone l’essenza: un farmaco in grado di espandere il corpo umano senza limitazioni. Toccherà al nipote di Asagumo, Akira, assumerlo e difendere la società dalle macchinazioni dei malvagi.

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Riguardo l’edizione di J-POP abbiamo davvero poco da dire: si trova perfettamente in linea con gli altri manga della Osamushi Collection. Stessa grafica per la copertina, ma scelta decisamente sfortunata quella del raffigurare come figura principale Akira sotto l’effetto del Big X; le proporzioni comiche fanno sembrare questa sovraccoperta, purtroppo, davvero orrenda. Anche il prezzo è uguale agli standard a cui ci siamo abituati per i volumi di questa collana, che si aggira sempre fra i 14 e i 15 euro. In generale, mi sento di consigliare questo manga principalmente a chi già apprezza l’autore ed è abituato ai suoi alti e bassi, considerando quanto questi possano variare fra una serie e l’altra: in ogni caso, un’altra opera storica in qualche modo restaurata da J-POP è come sempre un’iniziativa lodevole, per un autore sicuramente ancora troppo poco conosciuto qui in Italia.

Non la migliore fra le opere di Tezuka, ma comunque più che sufficiente

Insomma, Big X rappresenta un po’ il dualismo dell’autore capace di classici intramontabili come di serie semplicemente “sufficienti”, che fanno il compitino ma non stupiscono più di tanto: purtroppo, Big X è sicuramente una di quelle meno incisive, ben lontana dai capolavori intramontabili come Astro Boy, Il Bisturi e la Spada o Black Jack, o per restare in tema di volumi più brevi, MW, Kirihito o La Principessa Zaffiro. E tuttavia, “si lascia leggere” senza troppi problemi, come una serie action delle origini dedicata ai ragazzini in età scolare, ma non aspettatevi nulla di narrativamente innovativo o complesso. Consigliato principalmente a chi già ama Tezuka come il sottoscritto e desidera aggiungere un’ulteriore opera alla sua collezione, mentre esistono diversi altri manga (anche dello stesso autore!) in grado di raccontare una storia con temi simili, ma eseguite in maniera migliore.

Consigliato a chi già ama l’autore

Ossessionato da Le Bizzarre Avventure di JoJo e METAL GEAR, pensa che TRIGGER abbia salvato gli anime. Darebbe tutto pur di vedere un nuovo Trauma Center e il finale di Berserk; generalmente ti vuole bene, finché non gli parli di microtransazioni.

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