Persona 4: Dancing All Night – Recensione

Persona 4: Dancing All Night – Recensione

persona-4-dancing-all-night-recensione-boxartDopo esser tornata nella grande città, e visto l’avvicinarsi di un grande evento che vede la presenza di una moltitudine di idol tutte assieme sullo stesso palco, Rise Kujikawa inoltra una particolare richiesta a Yu e al resto dei compagni del team investigativo: affiancarla come ballerini per rilanciarla nel mondo dello spettacolo. Dopo tanto allenamento, quando tutto sembrava scorrere per il meglio, il gruppetto si ritrova di fronte a un nuovo mistero: le Kanamin Kitchen, il giovane gruppo della kohai di Rise, è scomparso e, come se non bastasse, sullo schermo del Midnight Channel inizia a farsi intravedere la misteriosa sagoma di un individuo che lascia poco spazio all’immaginazione, visti i precedenti. Nemmeno il tempo di chiedersi cosa stia per accadere stavolta, che uno strano portale appare sui protagonisti, trascinandoli in una dimensione a loro sconosciuta. Questa porterà il nome di Mayonaka Stage, e sarà abitata dagli ormai noti Shadow. Nel tentativo di sbarazzarsi di loro, tuttavia, parte del team farà una scoperta poco simpatica: i loro nemici non possono essere sconfitti né da attacchi normali, né dai Persona… ma in un solo e unico modo: ballando. Riusciranno Yu e i suoi amici a scongiurare la nuova minaccia?

Tanto per evitare di offrirci informazioni sostanziose su Persona 5 in tempi decenti e continuare a battere il ferro finché è caldo mungendo al massimo la serie (dopo ben due picchiaduro tratti dall’RPG Persona 4) ATLUS decide di omaggiare PlayStation Vita con un rhythm game che prende il nome di Persona 4: Dancing All Night. Il titolo vuole portare nuovamente fuori dagli schemi il gioco originale, mettendo gli ormai già noti personaggi alle prese con qualcosa di nuovo. Dopotutto, hanno imparato a suonare in tempi relativamente brevi, perché non possono pure imparare a ballare?

  • Titolo: Persona 4: Dancing All Night
  • Piattaforma: PlayStation Vita
  • Genere: Rhythm Game
  • Giocatori: 1
  • Software house: ATLUS
  • Sviluppatore: ATLUS
  • Lingua: Giapponese (testi e doppiaggio)
  • Data di uscita: 25 giugno 2015 (Giappone)
  • Disponibilità: retail, digital delivery
  • DLC: costumi alternativi, brani aggiuntivi, personaggi e accessori
  • Note: la prima tiratura giapponese include uno speciale Blu-ray con il nuovo trailer di Persona 5 e un codice per scaricare i costumi da bagno per le eroine

Non è facile per me essere qui a scrivervi oggi, in quanto mi trovo davanti alla recensione più difficile che mi sia capitata da scrivere da quando Another Castle ha aperto bottega. Nonostante adori la saga di Shin Megami Tensei e relativo spin-off Persona, in quanto le reputo serie RPG ancora in grado di trasmettermi qualcosa e non deludermi con il passare del tempo (spero di non portare sfiga) non ho mai visto di buon occhio questo titolo sin dal suo primo annuncio, qualcosa che tipo al solo leggere “ATLUS annuncia Persona 4: Dancin…” ero già riverso sul pavimento in lacrime, scalciando e battendo i pugni sulle mattonelle come un bambino di cinque anni. Ma si sa, la vita del redattore è dura e ci impone una professionalità particolare, di quelle che, anche se un titolo fa schifo come non so cosa, tocca metterti nei panni di un recensore del tutto neutrale e immergerti in una nuova avventura nella speranza di ricrederti.

I’ll Face Myself

Essendo lo spin-off di uno spin-off, devo ammettere che la modalità storia offerta da ATLUS non mi ha entusiasmato quasi per nulla. La nuova avventura che vede nuovamente invischiati i membri del team investigativo viene narrata in modo quasi del tutto identico ai due Arena; tramite un’apposita schermata di selezione capitoli, sarà possibile selezionare e affrontare la storia dal principio o da dove l’abbiamo interrotta l’ultima volta, così come i vari capitoli extra sbloccati in seguito. Nonostante la trama di per sé non mi abbia lasciato nulla a livello emotivo, né un sorriso e né uno straccio di coinvolgimento, gran parte del danno è da attribuire alla scelta di voler per forza ficcare una trama in un titolo creato per il solo fanservice, oltre che per il milking estremo. Per quanto i pochi filmati animati che accompagneranno i dialoghi siano apprezzabili, aspettare quasi 15/20 minuti prima di poter effettuare solo il tutorial mi ha totalmente spiazzato. A differenza di un titolo serio, quale poteva essere il Persona 4 originale, o quantomeno alcuni tratti del picchiaduro, la quantità di parti giocabili e di storia inserite in Dancing All Night sono letteralmente bilanciate col culo. E ripeto, in un rhythm game creato solo per il fanservice ci si poteva concentrare su altro (di cui vi parlerò in seguito) invece che su una discutibile “storia” che alla fine mi ha fatto esordire con una fragorosa ovazione non per come sia finita, ma perché fosse finalmente terminata e potessi dedicarmi al vero punto di forza del gioco.

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Dopo aver brevemente tirato fuori dal cuore quello che penso della story mode del titolo però, devo ammettere di essermi in parte ricreduto; le meccaniche di gioco che compongono Persona 4: Dancing All Night sono decisamente valide per un titolo di questo genere, rendendolo qualcosa di piacevolmente competitivo sin dal livello di difficoltà normale. Non che sia particolarmente un fan dei giochi di stampo musicale, ma nel corso della mia esperienza da videogiocatore ho avuto il piacere di provarne diversi, alcuni coinvolgenti e altri talmente impegnativi che riuscivo a giocarli con una mano sola mentre con l’altra mi grattavo. Dopo aver visto e provato con mano le sue meccaniche, piazzerei questo gioco tra le prime posizioni della lista di rhythm game che sono riusciti a tenermi incollato allo schermo senza farmi fermare due secondi. Che finalmente stia per ricredermi?

NO

Mettendo da parte lo story mode, ovvero quella che vorrebbe essere la modalità principale, c’è quella che, almeno a mio avviso, sarebbe dovuta esser considerata ed espansa decisamente di più: la free mode. Come il nome stesso lascia intendere, in questa modalità ci sarà possibile affrontare i brani a nostro piacimento senza dover obbligatoriamente star dietro alla storia e alle sue discutibili tempistiche prima di poter effettivamente entrare in azione. Sfortunatamente, è proprio in questa modalità che mi accorgo che andiamo un passo avanti e uno indietro. Anche se si porta prima a compimento la modalità principale, all’interno della free mode ci ritroveremo solo con una manciata di brani, lasciandoci intuire che dovremo sbloccarli man mano proprio in questa sezione, completando canzone dopo canzone al meglio delle nostre capacità. Sfortunatamente non ci vorrà molto prima di renderci conto di un particolare che mi ha lasciato un po’ con l’amaro in bocca. Sono il primo a dire che non credo sia sensato fare un paragone tra questo e uno dei rhythm game più conosciuti, Hatsune Miku: Project DIVA, ma lo farò solo per fornirvi qualche esempio. Se nel titolo musicale che vede come protagonisti i VOCALOID immersi nel ballo e nel canto ci viene comunque offerta la possibilità di scegliere con quale personaggio affrontare una determinata canzone (nonostante siano quasi sempre cantate da Miku) in Dancing All Night, gioco più tranquillo — visto che nessuno canta niente e tutti si limitano solo a ballare — ogni canzone sarà legata irrimediabilmente a un determinato personaggio.

Che vuol dire questo? Detto in parole povere, non solo non sarà possibile cambiare il personaggio in questione, costringendoci a usare quello di default legato al brano che effettueremo, ma addirittura il rapporto tra questi ultimi e i personaggi stessi risultano anche bilanciati male; Yu, protagonista di Persona 4, in quanto tale avrà a disposizione quattro o cinque canzoni che lo vedranno come ballerino principale, mentre tutti gli altri dovranno limitarsi solo a due pezzi. Avrete già intuito da soli, quindi, che le canzoni offerte da questo rhythm game sono poche e, spesso e volentieri, ci ritroveremo di fronte alla versione alternativa di un brano che è già presente minimo altre due volte con remix creati da altri artisti. Questo mi lascia un minimo pensare che, se le cose fossero state fatte per bene, il team di sviluppo avrebbe dovuto impegnarsi a rendere i personaggi liberi di essere utilizzati in qualsiasi brano, oppure avrebbe dovuto inserire più brani, in modo equo, per tutti. C’è anche da dire che ho davvero apprezzato lo stile di ballo univoco per ciascuno dei personaggi, cosa che li caratterizza particolarmente, in quanto esprime a meglio la loro effettiva personalità, come Yukiko che usa passi di danza classica, Chie che incorpora mosse di arti marziali nei suoi movimenti o Kanji e il suo stile di ballo grezzo. Voglio fare una menzione speciale per Margaret, personaggio anticipato per un lungo periodo come “sbloccabile esclusivamente soddisfacendo alcune particolari condizioni e utilizzabile solo nella free mode“. Beh, ecco… si sono scordati di dire che è presente in un solo brano. Ciao Margaret!

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“Ma ci sono i nuovi personaggi come DLC!” —  Certo! Ma col cavolo che spendo soldi per un personaggio che resta legato a una sola canzone, e che quindi dieci minuti dopo il suo acquisto, ovvero dopo aver completato il nuovo brano, sarà già diventato del tutto inutile.

Discorso diverso, almeno in parte, arriva per i partner. Ciascuno dei brani presenti, oltre ad avere un personaggio fisso, ci offrirà la minima possibilità di cambiare almeno il partner, vale a dire quel particolare individuo che entrerà in pista se riusciremo a soddisfare alcuni requisiti. I partner per ciascun brano verranno sbloccati via via che effettueremo quella precisa canzone in tutte le sue difficoltà, ma, sfortunatamente, non ci verranno messi a disposizione tutti i personaggi del roster: un brano ci offrirà la scelta tra Chie e Naoto, mentre un altro tra Yukiko, Kanji o Margaret e così via. La soluzione c’era, ma non è stata decisamente presa in considerazione. È un rhythm game? Sì! È un titolo nato puramente per il fanservice? Ovvio! E allora sarebbe bastato eliminare quella modalità storia fine a sé stessa e concentrarsi sulla modalità libera, dando la possibilità ai personaggi per essere utilizzati liberamente e inserendo qualche altro remix giusto per arrivare a trenta pezzi, e via… Tutto risolto! Anche perché mi ripeto, come gameplay e meccaniche, Dancing All Night è decisamente valido.

Persona 4: Dancing One Day e mezzo

Vien da sé che, visto quanto detto in precedenza, non solo il titolo può essere terminato in un giorno e mezzo, ma vista la sua staticità di contenuti e vista l’impossibilità di poter cambiare personaggio per ogni canzone, il titolo tende anche a stancare in fretta. Soprattutto se consideriamo che, per acquistare tutti i contenuti presenti all’interno del negozio di gioco, avremo bisogno di effettuare più e più volte i brani già portati a termine. Mettere i giocatori a proprio agio offendogli la possibilità di ripetere gli stessi brani più e più volte, ma almeno cambiando personaggio, avrebbe fornito un minimo di intrattenimento in più per un qualcosa che, ripetuto più e più volte sempre nella stessa maniera, tende a risultare presto noioso.

Visto che l’ho citato, perché non parlarne? Il negozio presente all’interno di Persona 4: Dancing All Night non poteva che essere gestito nientemeno che dal buon Tanaka e ci offrirà, come al solito, tanta bella roba con cui spendere la nostra valuta in-game. Qui ci verranno offerti oggetti e power-up da utilizzare nel gioco, ma anche tantissimi costumi alternativi per ciascuno dei personaggi, nonché vari oggetti, come occhiali, cuffie aggiuntive nate dalla collaborazione con Denon, la maschera di Tanaka o gli occhiali con naso finto modellati su immagine di Igor… dai, chi non vorrebbe possedere questi ultimi due oggetti?

Si chiama… Tuca-Tuca—Tuuuca

Sia graficamente che tecnicamente, il titolo è decisamente di alto livello per essere un titolo PlayStation Vita. Il touchscreen della console può essere utilizzato per eseguire le mosse che via via compaiono sullo schermo, ma tutto sommato mi sarò ritrovato a utilizzarlo solo per cinque minuti durante la mia prima sessione di gioco, per poi dimenticarmi della sua esistenza, preferendo di gran lunga l’utilizzo dei tasti. Dal lato sonoro, quello che potrebbe essere il punto di forza, mi ritrovo invece combattuto; anche se vengono offerte sia le versioni originali dei brani che i remix, questi ultimi non sono del tutto ben realizzati. Alcuni pezzi sono molto belli e si riconosce il talento e la pertinenza a un gioco del genere, mentre altri ci lasciano letteralmente esterrefatti da quanto risultano inascoltabili. So di non essere il tipo di persona che ama i remix e le truzzate, ma vi assicuro che alcuni dei brani proposti sono altamente discutibili.

A chi consigliamo Persona 4: Dancing All Night?

Essendo lo spin-off di un titolo già prepotentemente entrato nel cuore di molti fan, mi sento di consigliarlo principalmente a tutti coloro che amano la serie e che sono riusciti ad apprezzare P4DAN già dal suo annuncio iniziale senza storcere il naso. Se amate i rhythm game, Persona 4: Dancing All Night potrà offrirvi bei momenti di gioco e farvi provare alcune interessanti meccaniche con cui mettervi alla prova, condite una difficoltà ben bilanciata e mai frustrante. Se invece siete tra coloro che non hanno per nulla apprezzato il progetto fin dal suo primo annuncio, tenetevene alla larga… non farete che odiarlo ancora di più, proprio perché vi saprà in parte conquistare, mentre dall’altra potrebbe riuscire a deludervi più di quanto eravate già senza speranza in origine.

  • Tutto sommato, con Persona 4 ci sta pure bene
  • Buone meccaniche per un rhythm game
  • Tanti costumi alternativi e oggetti extra esilaranti
  • Difficoltà ben bilanciata

  • Storia fine a sé stessa
  • L’averlo forzatamente reso canonico
  • Personaggi legati ai brani
  • Troppi brani per un personaggio, pochi per altri (Ciao Margaret!)
  • Alcuni remix decisamente discutibili
Persona 4: Dancing all Night
3.5

ATLUS si lancia in pista, ma la performance è migliorabile

Nonostante la storia di gioco, i personaggi legati ai brani e alcune canzoni alquanto discutibili, mi sento di dire che tutto sommato l’idea di base di Persona 4: Dancing all Night non è malvagia, affatto! Con qualche accorgimento in più e con la possibilità di avere un titolo libero e non canonico con una trama praticamente ridicola, sarebbe stato non solo un gioco decisamente degno di nota per tutti gli amanti del genere, ma sarebbe riuscito anche a mettere d’accordo tutti i fan della serie che lo detestano, facendoglielo godere appieno. Certo, mi sorprendo che, avendo SEGA alle spalle, ATLUS avrebbe potuto prendere qualche piccolo spunto su come realizzare un videogame musicale in grado di essere apprezzato per più di qualche giorno, e da tutti. Tutto sommato però, devo ammettere che in parte mi son ricreduto, mentre dall’altra ho confermato quello che già ho pensato per tutto questo tempo. Purtroppo adesso non posso fare a meno che continuare a sentire i brividi lungo la schiena al solo pensiero che, se ATLUS dovesse mantenere la parola data, potremmo vederci arrivare anche Persona 3: Dancing all Night… e la cosa mi infastidisce alquanto. Un titolo del genere con Persona 4 ci sta anche bene, e alla fin fine è pure accettabile nonostante i difetti. Tuttavia, scusate il francesismo, con Persona 3 non c’incastra proprio una beata minchia.

Prestigiatore, ballerino di break dance, produttore cinematografico, traduttore ufficiale di frasi imbarazzanti per prodotti R18, fondatore di Akiba Gamers: un curriculum da fare invidia a Johnny Sins, ma che non regge il confronto con la sua smodata passione per i giochi d’importazione e per i tegolini.