Akiba Gamers 4th Anniversary Awards

Akiba Gamers 4th Anniversary Awards

Quattro anni, ragazzi. Quattro anni. Mi ricordo come se fosse ieri il giorno in cui assieme a Roberto, Francesco e Mauro decisi di mettere in piedi Another Castle, quel piccolo sito tramite il quale volevamo esprimere le nostre personalissime opinioni sui videogiochi di cui eravamo in qualche modo esperti e che, col passare del tempo, si è trasformato gradualmente nell’Akiba Gamers che voi tutti conoscete.

Come chi ci segue ogni anno sa bene, questo 26 marzo è segnato dagli Akiba Gamers Awards, una sorta di lista di oscar che assegnamo di volta in volta ai titoli usciti nel nostro anno operativo (dal 26 marzo al 26 marzo, per intenderci). Per quest’anno abbiamo deciso di cambiare un po’ le carte in tavola e, anziché presentarvi le solite categorie a cui vi abbiamo abituati per tre anni, abbiamo deciso di eleggere ciascuno un personalissimo game of the year. Tutti i membri della redazione (o quasi), parlano qui di seguito del titolo che li ha maggiormente colpiti in questi ultimi 365 giorni. Ironicamente, molti di essi sono usciti proprio negli ultimi mesi, o addirittura nelle ultime settimane: questo 2017 ha deciso di partire col botto, confermandosi uno dei migliori anni di sempre per noi videogiocatori. Speriamo mantenga questo ritmo! Di seguito, invece, trovate un video girato da me e BaSS per celebrare questi quattro anni insieme a voi. Buona lettura e buona visione.

Video commemorativo dei quattro anni

ProngedLeaf – RESIDENT EVIL VII: biohazard

A costo di sembrar banale, non posso non eleggere RESIDENT EVIL VII: biohazard a mio personalissimo gioco dell’anno. Sono tante le cause che hanno concorso a determinare tale scelta, e sarei ingiusto se non cominciassi dall’elogiare la stessa CAPCOM. Perché oltre ad essere un ottimo survival horror, RESIDENT EVIL VII è il prodotti di una software house che ha ascoltato i suoi fan, abbracciando un retaggio ventennale e facendolo confluire in un’unica grande opera. Sicuramente non è perfetto, ma riesce a non scontentare nessuno, a unire vecchio e nuovo senza creare disordine, a innovare un genere andando a ripescare proprio quegli elementi che avevano permesso a tale genere di nascere; tutto questo già dovrebbe bastare a giustificare la mia scelta. Se poi consideriamo un gameplay vecchio stile reso incredibilmente attuale, una trama che sa farsi apprezzare senza particolari colpi di scena o arzigogolate fantascienze ma calata nell’intimo e nel quotidiano, un’estetica meravigliosa e dei personaggi per la maggior parte ben caratterizzati, abbiamo non solo un ottima operazione nostalgia, ma anche un ottimo lavoro. Eppure, al di là del gioco in sé (o forse proprio per questo), RESIDENT EVIL VII: biohazard mi ha permesso di allargare i miei orizzonti anche oltre del semplice intrattenimento: a questi ho dedicato la prima serie completata sul mio personale canale YouTube, è stato il primo titolo giocato in live e il primo gioco di cui ho parlato su questo bellissimo sito internet che è Akiba Gamers. Affrontare questa esperienza con i miei iscritti che mi seguivano passo passo, che giudicavano insieme a me il mio giocare e che si divertivano con me mi ha permesso di scoprire il videogioco in una veste che non avevo mai considerato fino a ora. Infine studiarlo, analizzarlo al microscopio per poi criticarlo è stata un’opportunità che mi ha permesso di conoscerlo ancora meglio, di apprezzarlo ancor di più nella stesura di un articolo che se davvero mi è uscito così bene è solo perché ci ho messo tanto di cuore. Quindi RESIDENT EVIL VII è il mio gioco dell’anno e non potrebbe essere altrimenti: perché è stata un’esperienza unica in tutti i sensi. E perché ancora non ho giocato NieR: Automata, ma vabbé, son dettagli.

Harinezumi – NieR: Automata

Ho pensato, pensato e ripensato a quale gioco fosse il più emblematico per quest’ultimo anno per me… all’inizio ero indecisa fra il remake di DRAGON QUEST VIII su Nintendo 3DS e New Danganronpa V3… ma metterci un titolo straconosciuto e celebrato della serie da cui è nato il genere JRPG è come sparare sulla croce rossa, e quanto al secondo, non credo sia giusto parlare di un gioco che i più qui sui lidi occidentali potranno godere in lingua inglese solo il prossimo autunno. Ho deciso quindi di buttarmi su quello che ai miei occhi è il perfetto miscuglio di classicità e modernità in un videogioco, ovvero NieR: Automata. Non so da quanto sia stato che un gioco non mi prendeva in maniera così palpabile fin dal tutorial. Il modo in cui un singolo gioco riesca a pescare tante tipologie di gameplay vecchio stampo e a fonderle come uno schiocco di dita è magia pura. Già dalle prime fasi possiamo vedere un frenetico altalenarsi di stili di gioco classici, dallo shooter in verticale alla Galaga, a quello orizzontale alla Gradius, ai combattimenti hack’n slash stile METAL GEAR RISING ai platform 2.5D, fino ad arrivare ai più classici action RPG a volo d’uccello. È come giocare un vecchio gioco 8-bit ma con i canoni tecnici e grafici di un gioco di ultima generazione, una sfida che molti hanno tentato e hanno fallito. Se a questo uniamo una splendida ambientazione post-apocalittica piena di coloriti robot senzienti che ricordano molto le opere dello Studio Ghibli, una storia atmosferica dai molti momenti emozionanti, e una protagonista davvero ben caratterizzata e anche sexy senza essere esagerata, si può capire perché un gioco come questo meriti di essere giocato!

Hiruma – Gravity Rush 2

Se non vi aspettate altro che tuffarvi in un’avventura ambientata in un mondo fantastico, dove si ha un buonissimo rapporto tra giocabilità, comparto audio e visivo, non posso non consigliarvi ed eleggere Gravity Rush 2 per PlayStation 4 come il mio gioco dell’anno per questi awards. Ho amato alla follia il primo capitolo di questo bizzarro platformer dove potremo manipolare la gravità a nostro piacimento, e anche coloro che non apprezzano particolarmente questo genere di videogiochi potrebbero trovare qualche soddisfazione, visto che Gravity Rush 2 contiene anche elementi da action game, beat’em’up e shooter. La narrazione eseguita attraverso delle belle illustrazioni come uno splendido fumetto digitale vi farà immergere nel pazzo mondo di Kat, Syd, Dusty e Raven creato da Keiichiro Toyama.

Faith88 – Tales of Berseria

Per me è sempre drammatico dover fare una scelta del genere e devo ammettere che fino all’ultimo momento ero tremendamente indeciso. Quest’anno fiscale è stato letteralmente dominato dai giochi di ruolo, grazie a titoli classici come WORLD OF FINAL FANTASY o esperimenti innovativi come il più recente NieR: Automata. Alla fine la scelta è ricaduta su uno dei titoli che mi ha maggiormente tenuto attaccato al controller, ovvero Tales of Berseria. Grazie a una storia più cupa di quella dei più recenti capitoli, interpretata magistralmente da un cast di personaggi forti e ben caratterizzati, ad un sistema di equipaggiamento facile ma ben strutturato e soprattutto ad un sistema di combattimento totalmente rinnovato, BANDAI NAMCO Entertainment è riuscita a riprendersi dal semi flop del precedente capitolo che era riuscito a far storcere il naso a tutti i fan della saga, me compreso. Il percorso di Velvet Crowe è rosso, intriso del sangue di chi tenterà di ostacolarla, ma la vendetta è solamente la punta dell’iceberg di emozioni e sensazioni che i personaggi creati da Naoki Yamamoto sono riusciti a trasmettermi, riuscendo a strapparmi un sorriso anche nei momenti più cupi del gioco. Purtroppo però la software house non ha ancora avuto il coraggio di fare il grande salto e iniziare a sviluppare esclusivamente su PlayStation 4 e, per quanto abbia trovato la grafica del gioco appagante, non è sicuramente ai livelli di altri esponenti del genere. Quindi BANDAI NAMCO, io ti do fiducia, visto che il gioco è meraviglioso sotto ogni altro aspetto, ma il prossimo capitolo rendilo almeno console exclusive.

Kurama – DRAGON BALL FUSIONS

Ammetto che la scelta del “gioco migliore del quarto anno di Akiba” per me è ricaduta subito su Persona 5, ma dal momento che sicuramente entrerà negli awards dell’anno prossimo, visto che da noi, ufficialmente, non è ancora uscito, ho preferito spostarmi su altro. Probabilmente tantissimi titoli validi sono già stati citati dagli altri colleghi, per cui mi voglio focalizzare su qualcosa di particolare, meno “giocone scontato” e più nella mia area di competenza. Sebbene il 2016, almeno secondo me, sia stato in gran parte deludente, tra i titoli che mi hanno tenuto compagnia e mi hanno spinto ad apprezzarli più di quanto potessi pensare c’è DRAGON BALL FUSIONS per Nintendo 3DS. Al di là delle sue limitazioni, che spaziano tra fattori principali come la longevità a dettagli più maniacali come il doppiaggio ridotto all’osso, il suo essere qualcosa di apprezzabilmente diverso dai soliti titoli di Dragon Ball, tutti uguali, lo rende un gioco davvero godibile se si è, ovviamente, amanti della serie. DRAGON BALL FUSIONS è quel classico titolo che ho continuato a giocare davvero a lungo, anche grazie agli aggiornamenti gratuiti. Aggiornamenti gratuiti che mi piacerebbe continuare a ricevere in fututo. Capito BANDAI NAMCO?

Arien – FINAL FANTASY XV

Eccoci dunque qui a discutere sul titolo dell’anno di Akiba appena passato. Il mio voto per il gioco dell’anno senza ombra di dubbio va a FINAL FANTASY XV. Il perché? Semplice: perché nel bene o nel male ha fatto parlare molto di sé, tanto. È stato criticato e lodato in egual misura, lodato per l’innovazione del gameplay in un titolo RPG, specie se restringiamo il campo alla saga a cui appartiene, che richiedeva una sorta di ammodernamento per stare al passo con i tempi e con i gameplay dinamici dei titoli di nuova generazione, e per un open world che anche se dispersivo ha dato una spolverata a quello che è quasi sempre stato un marchio di fabbrica del brand SQUARE ENIX: la libera esplorazione. Criticato invece su altri punti forti che i titoli della saga hanno sempre avuto, uno su tutti la trama: dispersiva, a tratti confusionaria, con buchi non ancora ben chiari, complice il fatto di una produzione che dietro le quinte si è evoluta in modo travagliato, con un copione spesso modificato, rimodificato e riscritto. Ne risulta quindi un lavoro di storyline con delle basi solide, valide, che se fossero state lavorate con più cura da una sola produzione, sempre presente e rivolta a un obbiettivo ben chiaro, avrebbe dato al titolo la conferma di capolavoro assoluto che, con gli aggiustamenti del caso, sarebbe sicuramente potuto essere al pari dei suoi storici predecessori. Tuttavia, per la mia personale opinione, FINAL FANTASY XV rimane un buon prodotto, non eccelso certo, ma comunque, per me, il titolo giapponese dell’anno. Personalmente perché, da amante della saga, l’ho aspettato per una decade e l’hype che mi ha regalato in questo 2016 supera quello di qualsiasi altro titolo uscito in questi 365 giorni. Obiettivamente perché, anche dopo mesi dalla sua uscita, nel bene o nel male, continua ancora parlare di sé come fosse uscito ieri, ed è di certo ancora sul palcoscenico videoludico dopo oramai cinque mesi dalla sua data di release. Questo è un fatto che non può essere smentito e che per me, con i suoi pregi e difetti, lo mette sul podio di gioco più discusso dell’anno.

BaSS – Yakuza 0

Ho scelto Yakuza 0 semplicemente perché, per la prima volta in assoluto, un titolo di questa leggendaria serie targata SEGA mi ha totalmente trascinato in un turbinio di azione ed emozioni. Un gioco in cui a farla da padrone non è tanto il gameplay, onestamente parlando a volte ripetitivo, ma la cura dei dettagli nei quartieri di Kamurocho e Sotenbori degli anni ’80, ma anche e specialmente la trama, i personaggi e tutte le situazioni che potremo affrontare per le vie di Tokyo e Osaka. Per quanto io abbia giocato quasi tutti i titoli della serie partorita dal sempre abbronzato Toshihiro Nagoshi, compresi alcuni rimasti purtroppo confinati al Sol Levante, lo Zero è stato il primo capitolo che ho cercato di completare senza distrazioni. Quali distrazioni? Tales of Berseria, NieR: Automata, Zelda e Nioh, difatti ho preferito spendere oltre trenta ore della mia vita (persino di più di quelle spese in FINAL FANTASY XV, il che è tutto dire) su un gioco uscito originariamente nel lontano 2015, ma che nonostante tutto è riuscito a tenere altamente testa a titoli usciti in un 2016 molto povero di spirito, e a un primo trimestre 2017 stracolmo di roba. Sarò onesto con voi, preferisco nettamente dirvi “COMPRATELO E GIOCATECI, STRONZI!” piuttosto che stare qui a scrivere altre righe che lo riguardano. Anzi siccome sono magnanimo, vi darò un piccolo assaggio di quello che ho provato durante le prime ore di gioco.

Pneppe – SENRAN KAGURA: SHINOVI VERSUS PC

Ho scelto come mio titolo dell’anno SENRAN KAGURA: SHINOVI VERSUS, non solo perché è il primo titolo di questa serie uscito anche per PC, ma anche perché secondo me è il gioco definitivo: un perfetto mix di poppe, armi e culi con una storia trascinante ma soprattutto tante mazzate. Il gioco in sé e per sé è molto bello, e le simpatiche protagoniste non potranno non farvi affezionare alle loro sotto-trame. Le nostre giovani amiche se le daranno di santa ragione fino a strapparsi i vestiti e, una volta finita la battaglia, torneranno amiche come se nulla fosse accaduto. Menzione speciale per Katsuragi, che farà di tutto per palpare il seno di Asuka, e per Hibari. Quest’ultima, una giovane e goffa ragazza che, saprà conquistarvi con un passato oscuro e doloroso, e con il suo riuscire a risorgere trasformandosi in shinobi e guadagnandosi l’affetto della compagna Yagyu. Il gioco dunque non si ferma al puro combattimento tra ragazze e al fanservice, ma vanta anche una storia densa di particolari che diventa un vero e proprio valore aggiunto per l’esperienza stessa.

Zechs – Nioh

Ho sempre desiderato essere un samurai. A dire il vero, sono convinto di aver già imbracciato la katana in una vita precedente, magari come ronin o durante scontri epocali come la Battaglia di Sekigahara. Magari sarò morto trafitto in combattimento, oppure suicida come il buon Hagakure insegna. Ma nessuno dei possibili scenari potrà mai surclassare l’esperienza provata con Nioh, la risposta di KOEI TECMO GAMES ai Souls di FromSoftware, che ha permesso di calarmi nei panni del primo samurai occidentale della storia, Miura Anjin, meglio conosciuto ai giocatori come William. Inizialmente ero indeciso se annoverare questo o DRAGON QUEST BUILDERS come mio titolo preferito di questo quarto anno da Akiba Gamer (o Another Castle, per i più fedeli), ma non parlare di un titolo di questo spessore, per me, sarebbe stato un grave disonore. Se il succitato spin-off della saga di Horii mi ha appassionato per via del suo mondo colorato da ricostruire e per la splendida colonna sonora, e Breath of the Wild mi ha fatto scoprire il vero significato del termine avventura, Nioh ha saputo far leva sul mio istinto da guerriero, affinando i miei riflessi e rendendo acuti vista e udito: un solo passo falso significa l’oblio, e il dover ricominciare dall’ultimo santuario. L’azione sangue e spada del Team NINJA ha saputo stregarmi fin dall’aprile dello scorso anno con la sua prima alpha demo, portandomi, volta per volta, ad assaporarne ogni miglioramento con le successive build, culminate infine nella versione uscita nei negozi. Mi auguro che l’esperienza accumulata con questa nuova IP non divenga fine a sé stessa, che Shibusawa e la sua squadra sappiano incanalarla in un altro titolo di questo stampo entro qualche anno.

Kilroy – Azure Striker GUNVOLT 2

Potrebbe sembrare strano vedere un gioco come Azure Striker GUNVOLT 2 tra i titoli dell’anno, ma la sua candidatura è ben meritata, e per più di un motivo; questa piccola gemma di INTI CREATES, esattamente come il suo predecessore, raccoglie la la leggendaria eredità di Mega Man plasmandola in un gioco che riesce ad essere familiare eppure fresco e brillante, le cui granitiche meccaniche sono in grado di accontentare diverse tipologie di giocatori, sia quelli a digiuno di Run&Gun, sia i più scafati schivapallottole, offrendo più livelli di difficoltà e premiando l’approccio arcade. L’inedita possibilità di giocare anche nei panni di Copen raddoppia le ore di gioco e obbliga il giocatore a mettere in discussione tutto ció che ha appreso impersonando Gunvolt, e lo pone davanti a una nuova sfida. Nel complesso Azure Striker GUNVOLT 2 è un gioco che per un piccolo prezzo offre molte ore di divertimento, in particolar modo se si è pronti a portare termine gli obiettivi secondari di ogni livello, e correda il tutto con meccaniche e controlli precisi e puliti. Nel panorama videoludico di oggi è sicuramente qualcosa di unico, che pesca nel passato ma non si arrocca nella nostalgia, e per questo mi sono sentito di premiarlo.

Scorpio – The Legend of Zelda: Breath of the Wild

Dal 1986, The Legend of Zelda ha conquistato i cuori e le menti dei videogiocatori di tutto il mondo. Nel corso degli anni, il franchise si è evoluto ed è mutato, a partire dai primi capitoli 2D, giungendo ad una serie di giochi di esplorazione 3D che hanno stabilito i parametri di riferimento moderni per un titolo accattivante: l’open world, o meglio “open air” (come direbbe il caro Miyamoto) di Breath of the Wild. Mentre la maggior parte degli sviluppatori lottavano per rendere la transizione imbarazzante in grafica 3D, Nintendo soffiò via tutti con l’Hyrule tridimensionale, completamente esplorabile, di Ocarina of Time; titolo che potrebbe essere considerato il prototipo per le avventure open world e precursore degli action adventure. La vera domanda è: può The Legend of Zelda: Breath of the Wild essere all’altezza delle sue opere precedenti? Dal mio punto di vista, assolutamente sì! Anzi, il gioco ridefinisce il significato di avventura open world ed osa esplorare, creando una vasta frontiera di possibilità, conquistando e meritando di essere il miglior Zelda mai realizzato. Ecco il motivo per cui l’ho scelto per questi awards.

Lo stile artistico è una miscela unica di acquerelli e pastelli mescolati con i principi di progettazione del maestro Hayao Miyazaki. Si tratta di una scelta di stile rinfrescante in cui il nostro protagonista, Link, si immerge perfettamente. Il titolo invita il giocatore a vagare attraverso il suo vasto e favoloso scenario, accompagnato dalla trama divertente e commovente. Diciamocelo, Nintendo ha ingannato tutti. Per anni, ha fatto credere di essere soddisfatta di ciò che aveva fatto nascere, dando l’impressione di non preoccuparsi realmente di ciò che l’industria videoludica stava creando. Ora siamo consapevoli che per tutto il tempo, non ha fatto altro che stare a guardare… e apprendere quel poco che le mancava. The Legend of Zelda: Breath of the Wild è il risultato di tale esame: un prodotto che si sposa con i migliori frammenti della lunga storia della serie, uniti ai migliori del panorama videoludico, dando vita a qualcosa di ancora più grande della somma delle sue parti e, probabilmente, facendosi perdonare i piccoli difetti che nasconde, come i numerosi cali di frame rate, ad esempio. A distanza di settimane dall’inizio della mia avventura, da quando Link è stato catapultato in un mondo disseminato di missioni da completare e mostri da sconfiggere, intraprendendo un cammino di riscoperta e ripercorrendo i suoi passi, sto rimuginando su tutto quello che, soprattutto durante le prime ore, ho sentito dentro di me giocando a Breath of the Wild. Non è facile definire le sensazioni che mi ha causato, ma è essenziale chiarire che, di fatto, qualsiasi definizione non sarebbe abbastanza adatta. La storia di questa Hyrule dopo cento anni, raccontata attraverso flashback, fatta di scoperte e di sorprese, di momenti di sperimentazione e di esplorazione, non lascia davvero respiro (e neanche molte ore di sonno). L’Hyrule di Breath of the Wild è la più immensa che Nintendo abbia mai creato, sia in ampiezza che in profondità. Tuttavia, avere un mondo aperto così massiccio non significherebbe molto se non ci fosse così tanto da fare al suo interno… e ce ne sono di cose da fare! Ci sono infiniti contenuti di cui godere: centoventi sacrari, basati su mini-puzzle (diverse volte complessi) o prove di forza, che premiano il giocatore al completamento con “Emblemi del Trionfo”, utili a guadagnare contenitori di cuori o un aumento del vigore; novecento semi Korogu, da scovare nei posti più impensabili (e nelle maniere più folli); infinite quest secondarie, stallaggi per registrare cavalli e torri da scalare per sbloccare man mano le zone della mappa; cibo da procurarsi per sopravvivere e ricette da scoprire soltanto cucinando; ultimare il compendio scattando foto e molto, molto molto altro. Inoltre, la possibilità di completare i quattro dungeon in qualsiasi ordine, senza interrompere il flusso della storia, è davvero una mossa geniale: in questo modo si sottolinea proprio la totale libertà offerta dal titolo. Infatti, in nessun istante si è incoraggiati a fare una cosa piuttosto che un’altra, né si è spinti a fare qualcosa di preciso; ad esempio, l’arma più iconica della saga, ovvero la Master Sword, è ben nascosta nel mondo e in nessun frangente il gioco vi dirà come ottenerla.

Questo è il motivo principale per il quale questa esperienza è così memorabile e gratificante. La grande N, personalmente, ha creato la più grande opera videoludica di tutti i tempi, dando nuova linfa al genere e ripristinando anche la mia positività nel potenziale degli open world. Sono però consapevole che non tutti potranno vederla in questo modo, perché, giustamente, non tutti abbiamo le stesse aspettative. Ciò che conta per me è che sto amando Breath of the Wild e, anche se è molto, molto diverso dai titoli precedenti della saga, penso che sia ancora fondamentalmente un titolo con il nucleo e l’essenza della serie di Zelda, ritornando al contempo anche un po’ alle origini del primo glorioso capitolo, nel modo in cui era stata concepita dal creatore stesso, Shigeru Miyamoto.

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