SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco – Recensione della serie Netflix

Analizziamo insieme la prima parte della rivisitazione in chiave Netflix di SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco per scoprire cosa è andato storto

SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco – Recensione della serie Netflix

A distanza di 33 anni, la storica serie di Saint Seiya torna nuovamente alla ribalta, commissionata da Netflix e ancora una volta prodotta da TOEI Animation, giungendo in Italia con il titolo italiano di SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco. I guerrieri protettori della Dea Atena al servizio della pace dell’umanità approdano sulla piattaforma di streaming, pur peggiorando la già precaria base su cui poggiavano ai tempi del lancio. Saint Seiya non è mai stato un vero e proprio shonen, quanto più un’accozzaglia di eventi che si susseguono senza davvero creare un filo narrativo coerente: Masami Kurumada non ha mai brillato per inventiva e questa nuova serie non ha aiutato affatto a mantenere alta la reputazione della sua opera magna.

Rispetto all’anime degli anni ’80 le differenze sono piuttosto evidenti, prima fra tutte la direzione artistica che lascia l’animazione tradizionale per una più ampollosa e blasonata in CGI. Nulla a che vedere con l’estro artistico e avanguardista di Shingo Araki, in collaborazione con Michi Himeno, quanto più un vero e proprio tripudio di plasticità inverosimile che funge a tutti gli effetti da spot pubblicitario di venti minuti per il merchandise che ne verrà – molto probabilmente – tratto. I movimenti degli stessi personaggi già soltanto alla vista sembrano incredibilmente forzati, incapaci di suscitare una qualsivoglia sospensione della credulità, quanto più lasciano esterrefatti per la scarsa qualità di animazione effettiva: in posa statica certamente hanno una loro profondità visiva, ma il problema sorge nel momento in cui si devono muovere nello spazio circostante. La cura principale è data logicamente alle armature, dove vengono applicati filtri e livelli di usura più texture tipiche di componenti metallici, che essendo il punto forte della serie è pressoché lapalissiano che ad esse sia data massima attenzione.

SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco – Recensione della serie Netflix

Parlando ora della trama in sé, si tratta di una minestra riscaldata dove la sorella di Seiya viene rapita, Atena in fasce viene salvata da un Micene del Sagittario morente, e la differenza sostanziale è che c’è un secondo magnate oltre a Mitsumasa Kido (Alman nell’adattamento) che soccorrendo il Cavaliere d’Oro si rivelerà antagonista per ottenere il potere dell’armatura. Dopo che gli anni passano, Saori Kido (Lady Isabel nell’adattamento) organizza le Guerre Galattiche mettendo in palio l’armatura d’oro del Sagittario, nascosta e tenuta segreta dal nonno anni prima. Come se già non fosse una premessa davvero irrispettosa il trasformare l’armatura di un cavaliere del rango più elevato a semplice premio di un torneo per dei semplici bronzini, nonostante in punto di morte fosse stato promesso di prendersene cura, il suddetto torneo si svolge in un hangar sotterraneo nel deserto.

SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco – Recensione della serie Netflix

Questo progetto è ricolmo di cadute di stile che eliminano le già scarne scelte stilistiche che resero la serie storica famosa, senza poi soffermarsi sull’aver reso Shun di Andromeda una ragazza per non si sa quale motivo se non il suo avere un’armatura rosa. Ciliegina sulla torta, le musiche composte da Yoshihiro Ike (La ragazza che saltava nel tempo, Dororo) non sono davvero in grado di reggere il confronto con la colonna sonora di Seiji Yokoyama, rendendo il tutto ancora più faticoso da guardare e togliendo quel poco pathos che gli scontri possono offrire.

Una serie che non ha davvero motivo di esistere se non per il costante richiamo alla nostalgia, complice il doppiaggio italiano che vanta i doppiatori storici come Ivo De Palma, Luigi Rosa, Marco Balzarotti, le cui voci non si abbinano per nulla al character design di questa serie: una scelta artistica davvero dimenticabile, nulla togliendo ai professionisti che, ricordiamo, hanno reso celebre la serie in Italia con le loro performance. Non c’è davvero nulla di salvabile in questa prima metà di serie, se non appunto le armature che come sempre sono il pezzo forte dell’anime, con un redesign accattivante seppur quasi sempre sprovviste sia di diadema che di elmo vero e proprio… ed è soltanto la prima parte.

SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco – Recensione della serie Netflix

«Believe me, I’m speechless»

SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco – Recensione della serie NetflixVolendo trovare una metafora, questa serie animata di SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco è il corrispettivo di una discarica in fiamme, incapace di prendere un qualsiasi spunto del materiale di partenza e farci qualcosa di buono. Trattandosi di una serie di soltanto sei episodi, non riceverete nessun approfondimento sui personaggi, che rimarranno degli sconosciuti a meno che non abbiate visto la serie originale, e il tutto è reso con una mancanza d’ispirazione a dir poco aberrante: poche volte nella mia vita ho visto qualcosa di così poco ispirato, creato tanto per.

Sfornano serie, film, OVA e riadattamenti di dubbio gusto sui soliti cinque bronzini, poi la volta che fanno qualcosa d’interessante come Lost Canvas, tagliano la serie alla metà della metà. La prima parte di SAINT SEIYA: I Cavalieri dello Zodiaco è già disponibile su Netflix. La seconda parte di questa prima stagione verrà resa disponibile dal prossimo 23 gennaio 2020 in tutto il mondo.

Sconsigliato ai Limiti Estremi

Maestro di Karate e Amicizia: temprato dall’intrattenimento nipponico vecchia scuola e dal collezionismo, il suo sogno è quello di avere in giardino lo Unicorn Gundam di Odaiba.

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