Quando i videogiochi creano dipendenza

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Vi siete mai resi conto di essere dipendenti da un certo videogioco?

Esistono generi e titoli che generano una sorta di dipendenza, vuoi per le ambientazioni, vuoi per le storie, vuoi per il gameplay: a volte alcuni elementi del gioco diventano un collante invisibile che rende impossibile staccare le dita dai tasti e gli occhi dallo schermo.

Gli MMORPG, ad esempio, puntano su una esperienza di gioco molto longeva e sulla possibilità di cooperare con diversi amici durante le sessioni di raid o in quest generiche. Anche se spesso la trama è più debole rispetto agli RPG classici, si viene trascinati in un enorme mondo alternativo, ricco di possibilità di interazione con giocatori di diverse provenienze e culture. Si crea una rete di connessioni sociali, che a volte arriva a trascendere la semplice compagnia di gioco e porta alla creazione di amicizie anche nella vita reale. A questo si aggiunga il fatto che pagare un abbonamento mensile porta a concentrare in un mese quante più ore di gioco possibili.

Gli RPG o JRPG, quelli di stampo classico, fanno leva su una buona narrazione e su personaggi più caratterizzati con cui si stabilisce un legame empatico. Si vive una avventura dall’inizio alla fine, si piange e si ride con il protagonista e il suo gruppo di avventurieri, e di solito si arriva a un’epica conclusione che non necessariamente segna la fine di tutto. Sub-quest, oggetti speciali, abilità, sottotrame creano una selva di eventi collegati tra loro che sembrano non avere mai fine. Ed eccoci a cercare un Nopon nascosto chissà dove, a tentare di creare un Chocobo dorato,  a catturare tutti i ricercati della lista, o a vedere tutti i finali di Chrono Trigger… La quantità di cose da fare in questo genere di giochi è enorme e si vive in un universo alternativo da cui non ci si vorrebbe mai separare.

Un genere relativamente nuovo, l’Hunting Game, è diventato una vera e propria mania per  moltissimi giocatori: i due titoli più rappresentativi sono Monster Hunter e God Eater.  Il potenziamento fino a livelli estremi del personaggio e la possibilità  di mettere a frutto il tempo speso potenziandosi, cimentandosi in sfide sempre più ardue (con conseguente grossa soddisfazione videoludica) unito alla possibilità di giocare in un team con amici paiono essere la ragione di tale successo. Si uccidono grossi mostri cattivi, ci si veste con le loro pelli e il poter creare armi e armature ottenendo oggetti rari inserisce l’elemento collezionistico che non fa altro che aumentare il monte ore.

I simulatori di vita, di cui The Sims e Animal Crossing sono i due esponenti più giocati al momento, replicano situazioni di vita reali in un contesto virtuale. Curiosamente le vite virtuali spesso diventano più interessanti e coinvolgenti di quelle vere, con il risultato che ci si ritrova davanti allo schermo per ore, facendo le stesse cose che si sarebbero potute fare semplicemente uscendo di casa e incontrando i propri amici di persona.

Chi ha una certa età ricorderà che in sala giochi i titoli che andavano per la maggiore erano gli Shoot’em Up in stile Metal Slug, 1942 e, ovviamente, il fighting game per eccellenza Street Fighter II. Mentre però gli sparatutto classici, pur mantenendo una corposa e agguerrita schiera di fan, non se la passano granché bene sulle console odierne, i picchiaduro paiono non aver mai perso di appeal nei confronti dei videogiocatori. Xbox 360, PlayStation 3 anche Wii (seppur in misura minore) hanno avuto molti titoli in grado di fare la felicità (beh, più o meno) di entrambi i generi, sia i picchiaduro 2D sia i 3DMarvel VS Capcom 3 e Street Fighter IV, con le loro versioni multiple e i loro DLC (sì, è una frecciatina) sono stati grandi successi di vendite per CAPCOM, complessivamente apprezzati da critica e pubblico; non si può dire lo stesso di Street Fighter X Tekken che ha pagato, a detta di CAPCOM, la concorrenza della grande varietà di Beat’em Up disponibili su console. La componente “addictive” dei questi giochi, visto il progressivo scomparire delle Story Mode da buona parte dei titoli, è dovuto senza alcun dubbio alla componente online. Se in passato ci si radunava in casa di amici per organizzare tornei di Team Battle Mode a Tekken, ora è possibile sfruttare la connessione online per sfidare giocatori all’altro lato del globo. E come buona parte delle componenti online dei giochi, la dipendenza da esse è sempre dietro l’angolo. Dobbiamo registrare però che gli unlockable, i personaggi o le modalità da sbloccare giocando, stanno via via scomparendo, a dimostrazione di quanto i picchiaduro moderni puntino più sull’online che sul giocatore single player, o da multi con amici.

Un genere che si è ritagliato sempre più fan è quello dei Rhythm Game. Se Parappa the Rapper per PlayStation ha creato il genere (beh, più o meno), i veri blockbuster sono stati Dance Dance Revolution e Beatmania, grazie a una fiorente scena arcade; qualche anno dopo Guitar Hero è entrato prepotentemente nelle case dei videogiocatori, rendendo un genere che prima era considerato di nicchia un un enorme successo commerciale e di pubblico. I titoli può rappresentativi nell’arco di questa generazione sono stati sicuramente Just Dance e Band Hero,  mentre una menzione speciale meritano i meno conosciuti Elite Beat Agent e la sua versione asiatica Osu! Tatakae! Ouendan, insieme a Hatsune Miku: Project DIVA e il nostalgico e spremi-portafogli Theatrhythm Final Fantasy. Essendo giochi basati sulla realizzazione di punteggi e sul registrare la miglior performance possibile, è inevitabile che chi ci giochi aspiri a run perfette, e quindi si eserciti per ore e ore migliorando le proprie capacità e il proprio senso del ritmo. Se si aggiunge che sono quasi sempre sbloccabili difficoltà maggiori via via che si procede, alcune anche al limite delle capacità umane, le esperienze di gioco che offrono questi titoli possono essere lunghissime, oltre che  estenuanti. Non mancano le sessioni multiplayer in cui sfidare gli amici per mostrare i frutti dell’allenamento… e le vesciche ai pollici.

Se dovessimo guardare al futuro e prevedere quali saranno i generi che creeranno dipendenza con l’avvento delle nuove console, al meglio delle nostre informazioni attuali, sicuramente i TPS o gli FPS (generi che stanno riscuotendo un successo sempre maggiore e che vedono ogni anno decide di nuove uscite, non sempre di alta qualità) con la componente MMO, come Destiny, la faranno da padrone. L’integrazione di funzioni social e l’open world condiviso con eventi pubblici avranno una fortissima presa sugli amanti dell’online, in particolar modo quello cooperativo.

Generi, piattaforme e motivazioni diverse, ma un risultato unico: ore e ore trascorse su uno o più videogiochi che ci hanno rapito. Speriamo solo che il futuro ci prospetti la stessa varietà di scelte e di generi, in modo da accontentare i gusti di tutti.

I membri della redazione hanno speso molte ore su Pokémon, Persona, Tales Of, su quasi tutti i Final Fantasy, su Xenoblade Chronicles, su Super Smash Bros. e su Animal Crossing. Quale è stato invece il titolo che ha tenuto voi incollati al joypad per centinaia di ore?

Collezionista e retrogamer compulsivo, circola con un Game Boy Advance in tasca e non ha paura di usarlo. Probabilmente è il più polemico del gruppo.