Kentarō Miura non è più fra noi, ma il suo lascito resterà immortale

Kentarō Miura - BERSERK

Il giorno in cui ho compiuto diciotto anni indossavo una maglietta di Berserk, la stessa che custodisco ancora nel mio armadio. È stato uno dei primi manga che ho letto e collezionato, e ricordo ancora con piacere le notti passate ad attenderne ogni episodio su Italia 1. Il primo anime che Mediaset ha trasmesso di notte e con le sigle originali. Ne fui stregato.

Sono passati davvero tanti anni da quando ho preso in mano il mio ultimo volume del manga, ripromettendomi, come tanti, di recuperare tutti gli arretrati non appena Miura l’avesse portato a termine. Anche se sarebbero passati ancora decine di anni. Forse non sapremo mai cosa l’autore avesse in mente per la sua creatura prediletta, ma va bene così. Berserk è diventato immortale, a prescindere da come è rimasto fermo nel tempo o da come Miura avrebbe voluto portarlo a conclusione.

Sui social da ieri mattina si sono susseguiti commenti di fan addolorati e dal cuore spezzato, ma anche tanti commenti rabbiosi che si scagliavano contro Miura stesso per non aver portato a termine il proprio manga prima di lasciare questo mondo, o lo deridevano per aver lasciato l’opera incompiuta.

La vita di un uomo è sempre più importante del suo lavoro, non dovete mai dimenticarlo. Non sappiamo cosa ci fosse in quella di Miura oltre alla professione e alle piccole distrazioni che si concedeva per sentirsi meglio, non sappiamo cosa ha passato in questi anni, cosa lo ha portato a rendere la pubblicazione di Berserk così discontinua. Possiamo solo immaginare quali problemi possa aver affrontato ogni giorno, e di come lottasse ancora per portare avanti il suo sogno in condizioni lavorative che spesso portano ben oltre i limiti fisici i disegnatori e i loro assistenti.

Tramite una storia di sangue e vendetta come quella di Berserk, Kentaro Miura ha veicolato messaggi ben più importanti come l’amore e la dedizione verso le persone care nei momenti di maggiore difficoltà, o che la forza di volontà di un singolo individuo, se desideroso di raggiungere il proprio obiettivo, è in grado di superare i limiti imposti dalla società. Dalle interviste e dai racconti di colleghi che lo hanno conosciuto prima e nell’apice della sua carriera possiamo scoprire il lato umano di Miura, la persona che si cela dietro le infoncondibili, cruente e dissacranti tavole di Berserk.

L’omaggio di George Morikawa (Hajime no Ippo) ci fa conoscere il Kentaro Miura diciottenne, che già sognava di raccontare la storia di Guts e Puck. Una storia che ha narrato magistralmente, che lo ha portato sotto le luci della ribalta e nel quale, ne sono certo, non si è mai pentito di aver impiegato ogni briciolo della sua forza. Da un’intervista dell’editrice francese Glénat risalente al 2019 e riportata da ScreenWEEK conosciamo invece un altro aspetto della persona di Miura, quella preoccupata della sua salute, ma allo stesso tempo desiderosa di andare avanti con la sua storia, impegnandosi a finirla prima della fine dei suoi giorni.

“Prego di riuscire a finirlo durante la mia vita. Quando ho iniziato la serie, ero meno preoccupato della sua fine che di raccontare una storia che prima o poi sarebbe comunque finita; ma oggi, che ho capito che la vita non è eterna, cerco di finire la serie prendendomi cura della mia salute”.

— Kentarō Miura, intervista di Glénat, via ScreenWEEK (Marlen Vazzoler)

A due settimane dalla sua scomparsa, appresa solo ieri dai suoi fan di tutto il mondo, possiamo solo ringraziare il sensei Miura per averci ammaliato con il suo talento nel disegnare e raccontare la storia che, da quando ne sappiamo, ha sempre desiderato di raccontarci e che adesso è divenuta immortale.

Trent’anni passati a inseguire il sogno giapponese, fra un episodio di Gundam e un match a Street Fighter II. Adora giocare su console e nelle sale giochi di Ikebukuro che ormai, per quanto lontana, considera una seconda casa.

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