Intervista a Roberto Ferrari, character designer di FINAL FANTASY XV

Roberto Ferrari - Ardyn

Se guardiamo le statistiche, specialmente quelle riguardanti gli ultimi anni, non sono pochi i nostri connazionali che, nel corso della loro vita, hanno deciso di abbandonare il bel paese per cercare fortuna altrove, per tentare di sfondare e magari realizzare un sogno che, altrimenti, non avrebbero potuto nemmeno sfiorare. Si parla molto di dottori, ingegneri, modelli, ma non sono di certo gli unici. Al di là delle classiche notizie da telegiornale, esiste un mondo di persone che, grazie al duro lavoro, sono riusciti a realizzarsi in moltissimi altri campi.

In quanto sito interamente dedicato all’intrattenimento nippofilo, non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di intervistare un artista italiano, una figura che noi, in quanto appassionati del settore, non possiamo far meno di definire “orgoglio nazionale”.

Parliamo proprio di Roberto Ferrari, un talentuoso artista nostrano che ha lasciato l’Italia nel lontano 1997 per recarsi a Tokyo, e cimentarsi così nel fantastico mondo del character design. Nel suo portfolio può vantare di aver lavorato nientemeno che per la Tatsunoko Production, nonché per NAMCO e SQUARE ENIX.

In quest’ultima, non solo ha preso parte alla realizzazione di alcuni personaggi di FINAL FANTASY XV, ma è addirittura coinvolto nell’attesissimo FINAL FANTASY VII Remake, uno dei titoli più attesi della storia.

Noi di Akiba Gamers abbiamo avuto l’onore di intervistarlo non solo in ambito videoludico, ma anche riguardo tutto ciò che concerne la sua carriera di character designer. Mettetevi comodi, e preparatevi a conoscere l’artista che risponde al nome di Roberto Ferrari.

Akiba Gamers intervista Roberto Ferrari

Quando hai deciso di diventare un character designer? Quale è stata la principale fonte di ispirazione che ti ha fatto pensare “voglio fare questo lavoro”?

R: Beh, non è stata una cosa così lineare, ma ricordo che quando da bambino ho visto per la prima volta dei cartoni animati giapponesi andare in onda in televisione, ho provato una forte emozione e ho pensato che da grande avrei voluto fare proprio quella roba lì. Era il 1978, e avevo circa otto anni. Come evoluzione naturale, crescendo, ho cominciato a disegnare fumetti, perché è una di quelle forme d’arte che si possono plasmare con pochi e semplici materiali, basta infatti una penna e qualche foglio per raccontare una storia… Certo, in cuor mio avrei voluto diventare animatore, ma allora nella mia nazione non c’era questo tipo di cultura e non conoscevo nessun animatore italiano.

Diventato ventenne, il fato e qualche fortuita coincidenza, ha voluto che in seguito alla realizzazione di un fumetto riuscissi a vincere una borsa di studio per il Giappone (devo ringraziare la casa editrice Kodansha, nello specifico la sig.ra Takenaka), grazie alla quale ho potuto studiare qualche mese nella redazione della rivista Morning.

In seguito alla publicazione di due mie illustrazioni, proprio su Morning, ricevetti una telefonata in redazione dal sig. Ippei Kuri, direttore della Tatsunoko Production, il quale mi disse di essere interessato ai miei lavori e che avrebbe voluto che lavorassi per la sua ditta. Non me lo sono fatto ripetere due volte e decisi di intraprendere questa avventura. Tornato in Italia, ho ottenuto il visto presso l’Ambasciata Giapponese e sono rientrato in Giappone con un regolare visto di lavoro. Era il febbraio del 1997.

I tempi cambiano e anch’io muto con essi; piano piano ho iniziato a provare un profondo interesse per i videogames, non tanto come esperienza di gioco, quanto come possibilità di creazione di nuovi mondi originali. Intendiamoci, anche nell’animazione ciò è possibile, ma cominciavo a considerare il 3D come il prossimo futuro, visto che anche il mondo dell’animazione si evolveva nella medesima direzione.

Nel 2001 ho lasciato la Tatsunoko e sono passato alla NAMCO. Successivamente, nel 2006, ho tentato di entrare in quella che fra tutte le case di produzione di videogiochi consideravo essere il top del settore per la sua facile riconoscibilità. Naturalmente sto parlando di SQUARE ENIX.

Quale è il franchise su cui hai preferito lavorare nel corso della tua carriera? E perché?

R: Penso proprio sia il FINAL FANTASY XV, non perché sia uscito di recente, ma perché ho potuto finalmente collaborare con il sig. Nomura in un ruolo importante e di rilievo. Con il sig. Nomura mi sono sentito rispettato artisticamente, ed è stata la prima volta da quando vivo in questo Paese. Ho percepito la sua profonda fiducia riposta nella mia persona e nelle mie possibilità. È difficile da spiegare, ma prima di allora mi sono sentito solo sfruttato.

Ti consideri un videogiocatore? Quali sono i tuoi giochi preferiti? Hai ancora del tempo libero in cui ti dedichi a giocare per cercare l’ispirazione?

R: Non sono mai stato un giocatore né lo diventerò mai, non ho proprio il tempo… Però sono sempre informato sulle nuove uscite e non perdo un solo PV. Essendo uno del settore guardo sempre il lato tecnico delle cose che vedo, e se un videogioco mi piace per le scenografie, ce n’è un altro che mi piace invece per le innovazioni, le soluzioni tecniche e via discorrendo.

Esiste qualche serie o franchise su cui ti piacerebbe lavorare? Qualcosa che adori?

R: Mi piacerebbe lavorare su KINGDOM HEARTS perché non ha una grafica realistica.

Guardiamo al character design storico della serie FINAL FANTASY. Personalmente, preferisci lo stile deformed, quello più in veste anime tipo FINAL FANTASY VII o FINAL FANTASY IX, oppure qualcosa di più realistico come FINAL FANTASY VIII o FINAL FANTASY X?

R: Mi piacciono tutti questi titoli elencati perché sono riconoscibilissimi. Posso solo ribadire che non amo le cose troppo realistiche, soprattutto i personaggi, perché quando si persegue il realismo il risultato è, molte volte, un prodotto come ce ne sono tanti, e questo va a discapito dell’originalità. Certamente anche quello è un bel vedere, ma preferisco un prodotto che sia identificabile al primo colpo d’occhio.

È molto diverso lavorare in una compagnia come la Tatsunoko, specializzata in animazione, piuttosto che nell’industria videoludica? Cosa cambia in termini di produzione?

R: È profondamente diverso. Il primo approccio col mondo dei videogiochi è stato impressionante; ho pensato che fossero molto disorganizzati. Per un progetto di un videogioco si muovono una quantità innumerevole di persone e, azionati i primi ingranaggi, piano piano, col tempo le cose vanno assestandosi. Ciò che mi ha colpito maggiormente è che ci si muova ancor prima di aver catalizzato la storia. In corso d’opera quindi, molte delle cose mutano e mutando vanno persi personaggi, stage e così via. Nell’animazione, a causa delle scadenze più ravvicinate, non si ha tutto questo lusso… Penso proprio di poter dire che siano obbligatoriamente più organizzati.

Ormai è un bel po’ di tempo che ti sei spostato in Giappone per realizzare il tuo sogno. In tutto questo tempo, ti è mai mancata l’Italia in qualche modo, come per il cibo o alcuni posti speciali?

R: Mi manca la mia famiglia, naturalmente, nonché il mare del versante tirrenico. Veder tramontare il sole sul mar Mediterraneo è molto rasserenerante e scalda l’anima. Non che qui in Giappone non vi siano posti altrettanto suggestivi, ma da quando sono a Tokyo non faccio altro che lavorare… Mi manca quel costruttivo e stimolante tempo libero che avevo in Italia.

Molti italiani vorrebbero spostarsi in Giappone per vivere e lavorare, ma alcuni di questi hanno abbandonato il sogno di trasferirsi nel posto che amano. Cosa suggeriresti ai tuoi più giovani compatrioti che sono in cerca di carriera nel Sol Levante? È veramente possibile per gli italiani diventare parte dell’industria nipponica come hai fatto tu?

R: Quando si ha un sogno da realizzare non si può titubare e non ci si può guardare indietro. Certamente vivere all’estero non è una cosa semplice, ma bisogna guardarsi dentro decidere serenamente ciò che si desidera ottenere veramente dalla propria vita. Le difficoltà non sono mai state superiori al mio sogno.

Dopo dieci anni di sviluppo, finalmente FINAL FANTASY XV è stato rilasciato in tutto il mondo. Cosa vorresti dire ai giocatori italiani che ci stanno giocando o che ci giocheranno?

R: Beh, non esageriamo, sono stato nel team da maggio del 2010 alla fine del 2013. A tutti coloro che inizieranno a giocare con FFXV vorrei dire questo: se durante la vostra avventura doveste mai incontrare un ambiguo e losco figuro, diciamo forse il più italiano tra tutti i personaggi (sarà perché è una mia creatura?) non vi fidate di lui, mi raccomando!

Scherzi a parte, tutto lo staff ha dato il meglio di sé e credo fermamente che possiate vivere una stupenda avventura accompagnado il principe Noctis verso la maturazione della propria coscienza.

Ringraziamo infinitamente Roberto per la sua disponibilità e gli auguriamo il meglio per la sua carriera e la sua vita, nonché SQUARE ENIX per averci concesso il privilegio di intervistarlo. Non vediamo l’ora di vederlo al lavoro sui suoi prossimi progetti. Visitate e lasciate un like sulla sua pagina Facebook!

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