Sword Art Online: Hollow Realization – Primo Raid

Sword Art Online: Hollow Realization

Durante il weekend siamo volati a Milano alla volta della Milan Games Week, la più importante fiera italiana concernente il gaming moderno. Tra gomitate, spallate e colpi di diverso tipo, siamo riusciti a mettere le mani sul nuovissimo gioco targato BANDAI NAMCO Entertainment con protagonisti Kirito e compagni: Sword Art Online: Hollow Realization. Dopo il pregevole Sword Art Online: Hollow Fragment e il poco impattante Lost Song, Aquria ha deciso di rilanciare il brand con questo nuovissimo capitolo, il quale, almeno da quanto visto sino ad ora, sembrerebbe mostrare fieramente i muscoli, distaccandosi in maniera piuttosto marcata, sotto il profilo tecnico, dai precedenti due titoli. Quale sarà il risultato degli sviluppatori? La decisione della produzione di rilasciare una versione portatile avrà influito sul prodotto finale per console casalinga? Senza trattenermi oltre, direi di gettarci a capofitto nel nuovissimo mondo di Sword Art: Origin, per svenarne tutte le sfumature tecniche e di gameplay che era possibile osservare nel corso della breve demo del prestigioso evento milanese.

Restyling… Ma non troppo

Il primo elemento che sicuramente salterà all’occhio dei numerosi fan della saga è il notevole incremento del livello tecnico del titolo, il quale si distacca in maniera piuttosto evidente dai suoi predecessori. Nonostante la remastered di Hollow Fragment per PlayStation 4 e il più recente (e a tratti deludente) Lost Song, Sword Art Online: Hollow Realization saluta da lontano (e senza nemmeno voltarsi) i precedenti titoli della saga, facendo un occhiolino al futuro che lo vedrà (molto probabilmente) esclusivamente su console fissa. L’anti-aliasing è pressoché perfetto, così come anche le animazioni e la sensazione di far parte di un immenso mondo all’interno di un MMORPG. I punti su cui ho posato maggiormente l’attenzione sono stati la qualità dei modelli, i poligoni e la resa delle ombre e delle texture.

Partendo dai primi, è impossibile negare che la loro qualità sia effettivamente di ottima fattura, nonostante gli sviluppatori abbiano deciso di non osare eccessivamente. Su PlayStation 4 (e con l’imminente PlayStation 4 Pro) si sarebbe potuto optare per dei modelli più dettagliati ed espressivi, specie per quanto concerne i capelli (che non si distaccano poi troppo da quelli dei precedenti titoli) e il viso, la cui espressività definirla assente è un complimento. Sicuramente rispetto ai precedenti giochi della saga il passo avanti, almeno in termini di poligoni, è visibile a occhio nudo, ma avrei davvero apprezzato se Aquria avesse cercato di osare quel qualcosa in più, anche per smentire l’idea, purtroppo veritiera, che vede il comparto tecnico dei giochi giapponesi di questo tipo quasi sempre insufficiente. In conclusione, per quanto concerne i modelli, non posso far altro che dire: “Speriamo nel prossimo“.

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Sotto il profilo “poligoni” non sono riuscito a fare a meno di osservare quelli relativi all’ambientazione e ai fondali. Per quanto riguarda questo particolare campo è impossibile affermare che il team di sviluppo non abbia cercato di rinnovare questa sua saga che, almeno sotto il profilo tecnico, non ha mai eccelso. Nonostante il titolo non sembri sfruttare nemmeno metà della potenza della console su cui è stato progettato, il passo avanti è nettamente visibile, grazie a dei modelli ambientali che riescono alla perfezione a donare un maggior senso di tridimensionalità alle location, accantonando l’effetto “material design” (così mi piace definirlo) che caratterizzava i vecchi titoli. Con tale definizione intendo dire che negli scorsi capitoli della serie, scattando lo screenshot di una location con la visuale in prima persona, si poteva tranquillamente pensare di essere davanti a un disegno (secondo me, nemmeno fatto troppo bene). Il motivo per cui gli associo il nome di “material design” riguarda il fatto che in tali ambientazioni i colori sono molto poco vari, stancano dopo poco tempo portando all’inevitabile noia in poche ore di gioco. Ovviamente in questo caso siamo dinanzi a un pensiero relativo al mio gusto personale, quindi sarebbe totalmente normale se non vi trovaste d’accordo con questa mia idea. In ogni caso, gli sviluppatori sono riusciti a ricreare un’ambientazione caratterizzata da una maggiore tridimensionalità, con modelli ambientali più finemente dettagliati e con effetti di luce notevolmente migliori. Good job.

Passiamo ora a discutere del profilo relativo a ombre e texture. Partendo dalle prime posso confermare il netto passo avanti rispetto ai precedenti titoli: vedere Kirito camminare o correre nell’ambientazione è un piacere per gli occhi, specie con delle ombre così tanto profonde e definite. Per il lato texture, invece, non possiamo dire lo stesso, poiché la loro qualità varia da punto a punto: con una rotazione della visuale di 180° potreste sia trovarvi dinanzi a degli scorci di immersiva bellezza sia a dettagli la cui qualità è pari a quella di un comunissimo gioco per PlayStation 2. Ovviamente parliamo di una versione non ancora definitiva, ma è difficile credere che questo fattore venga migliorato in vista dell’ormai prossima release su PlayStation 4.

In generale, potrei concludere dicendo che mi sarei aspettato di più, ma che nonostante tutto Aquria, nel suo piccolo, ha fatto qualche passo avanti. Molto probabilmente lo sviluppo in contemporanea su PlayStation Vita ha influito non poco sulla resa finale del prodotto ma ci auguriamo che almeno, data la non troppa fatica svolta sul profilo tecnico, l’ottimizzazione sia ferrea e senza particolari intoppi. Personalmente mi piace credere al detto “Chi va piano, va sano e va lontano“, ma spero vivamente che gli sviluppatori cerchino di velocizzare i propri tempi di progressione in termini di migliorie tecniche se vogliono evitare che la lentezza faccia cadere una saga nel dimenticatoio, piuttosto che donarle preziosa linfa vitale. Tuttavia, tralasciando per un secondo questa faccenda, direi di cominciare ad analizzare cos’era possibile vivere durante l’esperienza che ha caratterizzato la nostra prova di Sword Art Online: Hollow Realization.

Sword Art: Origin – Link Start!

Dopo una breve introduzione condita dai dialoghi (che a parer mio sono il male, per una demo destinata a una fiera), avremo immediatamente modo di partecipare a un raid, il cui completamento sancirà il superamento o il fallimento della demo. Una volta conclusa la lettura delle linee di testo, ci imbatteremo in uno dei boss più maestosi che questo brand abbia mai visto. Quando l’ho visto per la prima volta non potevo credere ai miei occhi: mai avrei pensato che i boss di un titolo appartenente a questa saga avrebbero raggiunto un tale livello di dettaglio e bellezza estetica ma Aquria, in tal senso, ha deciso bene di contraddirmi, ponendomi di fronte all’avversario che in un istante è diventato quello più iconico dell’intera serie. Il nostro compito sarà quello di abbatterlo entro il tempo prestabilito. L’impresa, per quanto a parole possa sembrare banale, non sarà affatto semplice poiché, se non si presta particolare attenzione al nemico e ai suoi movimenti, non ci vorrà molto prima di giungere a uno scoraggiante “Game Over“. Sebbene l’effetto “sacco da boxe” dei boss non sia ancora scomparso del tutto, posso confermare una maggiore varietà di azione dei nemici e una loro maggiore reattività sia in termini di movimento che di IA. Sotto quest’ultimo punto di vista, meglio non addentrarci troppo per quanto concerne i bot presenti sul campo di battaglia, la cui utilità è pari a quella di un controller rotto.

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Per quanto riguarda il puro gameplay, invece, dimenticate completamente quanto visto in Sword Art Online: Lost Song poiché Hollow Realization è la naturale evoluzione del gameplay proposto in Hollow Fragment. Lo switch e le varie combinazioni di tasti con protagonisti R1 e L1 saranno i nostri compagni di viaggio più fidati. L’azione della battaglia è parecchio frenetica e intrigante, evitando la noia che molto spesso potevano suscitare i combattimenti dei precedenti capitoli della saga. Un elemento che ho davvero molto apprezzato è la maggiore interazione con i boss: infatti colpendo le gambe del mastodontico nemico avremo modo di farlo cadere rendendolo temporaneamente stordito, il che ci porrà nella situazione di sfruttare tutti i nostri SP per creare combo devastanti e infliggergli ingenti danni. Questo particolare elemento dona non poca profondità al battle system il quale, nella sua semplice evoluzione rispetto a quello di Hollow Fragment, riesce comunque a farsi sentire letteralmente nuovo. In conclusione, posso definire l’intera esperienza come una sorta di tuffo nel passato che, grazie alle nuove componentistiche in termini di gameplay e grafica, innesca nel giocatore quella voglia di prendere il titolo tra le mani e giocarlo poco alla volta nel tentativo di sviscerarne segreti e curiosità.

In attesa del login

Mi sento discretamente soddisfatto di questo nuovo Sword Art Online: Hollow Realization. Nonostante alcuni difetti che il brand si porta addietro dal suo esordio su PlayStation Vita, ho deciso di porre la mia fiducia in Aquria e BANDAI NAMCO Entertainment. Per quanto breve sia stata la mia prova, mi sono sinceramente divertito, cosa che sempre più raramente mi accade con i videogiochi odierni. Accompagnare Kirito in questa epica battaglia mi ha convinto nel voler proseguire l’avventura con lui e i suoi compagni e spero vivamente che questa mia fiducia negli sviluppatori non risulti mal riposta. Fino all’8 novembre non possiamo far altro che continuare ad ammirare i rigogliosi gameplay del titolo, nella speranza che una volta uscito nessuno di noi rimanga deluso. Fino ad allora, penso che mi rinchiuderò in camera con il mio fedele NerveGear in attesa di poter urlare nuovamente: “Link Start!“.

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Videogiocatore da molto, forse troppo tempo. Amante di tutto ciò che è giapponese, compresi i JRPG e il sushi... Soprattutto il sushi.